Sicuramente i Manowar non sono dei modesti, ma per questo disco un po' di superbia è più che giustificata. Era il 1982 quando 4 nerboruti musicisti (Eric Adams vocalist, Ross The Boss alla chitarra, al basso Joey DiMaio e Donnie Hamzick alla batteria) si crearono prepotentemente uno spazio nella nuova scena Heavy metal.
Sotto il piano sonoro, il loro era un inconfondibile Heavy Metal, ma sono le tematiche (fatte di draghi, battaglie e cavalieri) che conquistano orde di fan.
Il disco comincia subito con il classicone "Death Tone", ma questa è velocemente dimenticata non appena l'inno del gruppo esplode all'urlo di "Metal Daze"; questa canzone è una dichiarazione di intenti: per i Kings Of Metal esiste soltanto l'Heavy Metal, e la loro soddisfazione più grande è suonare i loro pezzi davanti ai fans urlanti (avete mai sentito la versione live di questo pezzo? La sua forza è elevata alla 1000). Il disco prosegue poi con due brani ("Fast Taker" e "Shell Shock"), che conservano alta la tensione, ma che non danno le stesse emozioni. Con il brano seguente, "Manowar", il gruppo ci canta la storia del gruppo, quando, trovatisi assieme e con la passione per questo genere, decidono di suonare assieme. "Dark Avenger", poi, è una sorta di spartiacque fra l'Heavy Metal classico e qualcosa di mai sentito prima. La prima novità è un velocissimo rifacimento di un' opera di Gioacchino Rossini (spero di averci azzeccato, ero indeciso con Verdi), mentre la novità numero 2 è una specie di ballata, che però non ha niente delle classiche ballate di quegli anni: se quest'ultime erano mielose storie d'amore, i Manowar inventano la ballata di battaglia; è proprio in questo brano che l'attitudine fantasy dei ragazzi viene fuori, in un crescendo che si ferma solo per un attimo, per poi finire al grido di KILL, KILL!
All'inizio ero molto scettico nei confronti di questo gruppo, spesso accusati di fascismo e di non saper suonare, ma imparando a conoscerli si possono scagionare sia dall'una che dall'altra accusa, anzi bisogna riconoscere ai Manowar un grande merito: doti di coinvolgimento eccezionali, che nessun grande fenomeno della chitarra può dare.
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