Dopo 6 anni, 6 lunghi anni di attesa interrotti solo dagli ottimi live "Hell on Wheels", "Hell on Stage" e il primo della lunga release del live "Hell on Earth: Part I", i Manowar tornano a far parlare di loro, e stavolta con un fresco lavoro in studio. Il nuovo album, "Warriors of the World", viene rilasciato dopo 6 anni dal discreto e tanto criticato "Louder than Hell", che aveva visto il ritorno dello storico drummer Scott Columbus e il debutto del talentuoso Karl Logan. Sicuramente atteso, questo lavoro ha suscitato critiche sulla band già dopo 5 secondi dall'annuncio di un nuovo album dei Manowar. Pochi gruppi effettivamente, sono in grado di accendere discussioni come i Manowar. Ma lasciamo da parte le critiche, e vediamo cosa hanno da proporci i 4 musicisti del true metal di New York. L'album si apre con "Call to Arms", solido brano che regge su una batteria pesante come pochi (e da Scott, batterista semplice ma estremamente potente, mi aspetto proprio questo), e un basso che fanno spalla ad una voce carica di rabbia come quella di Eric Adams. Un brano che dà assolutamente la carica, un opener perfetta direi. Dopo "Call to Arms", si prosegue con "Fight fro Freedom", una semiballad in cui Adams fa sfoggio completo della sua voce, rabbiosa e grintosa in un momento prima, e dolce e soave dopo. Un brano veramente ottimo, da segnalare anche l'ottimo assolo di Logan. Con "Nessun Dorma", i Manowar danno il loro tributo al popolo italiano, e c'è da dire che questa canzone rappresenta uno degli apici della band. Eric canta in modo assolutamente fantastico, il brano è da brividi e pelle d'oca assicurati, un brano talmente bello che sarà poi riproposto nel Gods of Metal dello stesso anno, e del 2012. Dopo la breve parentesi chiamata "Valhalla", ha inizio uno degli episodi più belli dell'album, e probabilmente una delle migliori ballad del quartetto americano, seconda solo a "The Heart of Steel". Parliamo di "Swords in the Wind", ballad in cui tutti gli strumenti vanno alla perfezione, e la voce di Adams... Beh, neanche sto a parlarne. Uno dei migliori pezzi dei Manowar, assolutamente. "An American Trilogy" non si discosta di molto dalle precedenti, una buona canzone, con un Adams sempre in splendida forma. Dopola breve "The March", si ha un improvvisa accelerazione al disco, e di botto. La titletrack irrompe con una batteria ed un basso devastanti, in un minuto abbondante di intro, e ciò che ne esce fuori è una canzone rocciosa, basata su un semplice ritmo, ma efficace, e sicuramente una dele migliori song da proporre in sede live. Il trittico che segue, e che ci porta alla fine del disco, è di una rabbia da far sanguinare le orecchie. "Hand of Doom" è sicuramente un ottimo pezzo, con uno stacco centrale in cui Adams fa percepire la sua rabbia all'ascoltatore, sembra come un cane rabbioso legato al guinzaglio che non vede l'ora di essere liberato e distruggere tutto. "House of Death" segue la stessa linea, anche se dopo il secondo refrain tende forse a essere un po' ripetitiva. "Fight Until We Die" è descrivibile con una sola parola: POTENZA.Un Eric Adams al meglio della forma, Demaio che con il suo basso, non troppo eccessivo mantiene la song ad un livello eccelso, e Logan e Columbus che "dialogano" alla grande con gli strumenti. Grandissimi scream alla fine per Adams, che reputo uno dei migliori cantanti metal mai esistiti.
L'unica pecca di questo lavoro, a mio parere, è forse la scelta dell'ordine delle canzoni. Perchè partire con un opener come "Call to Arms", per poi far seguire ben 4 ballad/semiballad è leggermente eccessivo, e tende ad annoiare in un primo ascolto chi si accinge a sentire per la prima volta l'album. A parte questo, l'album è ben riuscito, e tutti i musicisti sono in ottima forma, Adams compreso. Che dire, le critiche per i Manowar qui non valgono, un album veramente ottimo. Non ai fasti di "Into Glory Ride" ovvio, sarebbe anche stupido pensarlo, ma comunque godibilissimo.
Hail!
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