Questo album d'esordio dei mai indimenticati Mansun ebbe vita strana (un pò come la carriera stessa della band): pubblicato nel marzo 1997 quando il quartetto di Chester era pratiamente sconosciuto, questo disco balzò al n.1 della classifica UK detronizzando niente meno che i Blur.
In un tour giapponese di quello stesso anno, i Mansun furono accolti come superstar internazionali al livello di una vera e propria "beatlemania"! Capita spesso alle band inglesi una accoglienza simile nel Sol Levante, ma per un gruppo che fino a qualche mese prima suonava nei più modesti club della Gran Bretagna si trattava comunque di un fatto straordinario. Il prezzo dimezzato dell'album portò un piccolo successo di culto per i Mansun anche in Italia, tant'è che i loro successivi lavori sono stati molto meno seguiti: ciò non toglie il fatto che "Attack Of The Grey Lantern" sia per sè un capolavoro, o quasi.
Si tratta di una sorta di concept album piuttosto anomalo per gli standard del pop anni '90, con testi che riportano a situazioni e personaggi che sembrano usciti dalle opere di Oscar Wilde. Infatti esteticamente i Mansun si proposero come una band a metà tra atteggiamenti tipicamente dandy (ricordando sia il primo Bowie che i primi Duran Duran) e un sound in ogni caso strettamente legato alla scena indipendente, e concettualmente i testi del singer Paul Draper (un perverso incrocio tra Brett Anderson e Damon Albarn) trattano di una oscura vicenda di religione, sesso e amore, lasciando trasparire una vena polemica contro le borghesi ipocrisie della società moderna.

I brani sono incastrati tra di loro anche se quasi sempre attraverso rumori improvvisi, salvaguardando la personalità di ciascuna canzone... per cui non si può parlare di un vero e proprio stile prog. L'acustica "The Chad Who Loved Me" apre il disco come se dovesse aprire un musical apocalittico, con archi imperiosi che sembrano cadere a cascate, per sfociare in un motivo molto acido e molto indie (per il 1997). "The Only Mansun's Love Song", sbeffeggiante fin dal titolo, è una ballata soffice e sottilmente viziosa… ma il meglio deve ancora arrivare.
"Taxloss", polemico singolo (accompagnato da un discusso video dove i componenti della band lanciavano banconote vere alla metropolitana di Londra), parte come garage punk elettronico un pò à la Devo per poi bloccarsi con un potente intermezzo dance irresponsabilmente irrobustito dalle chitarre elettriche… in realtà l'andamento della canzone e il suo finale dissolto e "liquido" sembra vogliano suggerire l'idea di un orgasmo. "You. Why Do You Hate Me?" è una breve ballad per voce e chitarra acustica spezzata anch'essa dall'intervento, quasi grunge, delle chitarre, ma finisce per risultare solo un gustoso aperitivo per l'apice del disco: la stupenda ed eterea "Wide Open Space", decadente e oltraggiosa, subito seguita dall'altrettanto pungente "Stripped Vicar", storia di un sacerdote dedito allo strip-tease, irresistibile nel ritornello (che pesca liberamente da "Changes", il classico di David Bowie) coadiuvato dall'ingegnoso minestrone indie/dance/pop/punk/new wave.
In tutto l'album i Mansun sembrano centrare tutti i colpi: il soft jazz psichedelico di "Disgusting", il pop a metà tra Primal Scream, Suede e XTC di "She Makes My Nose Bleed", la delicata e armoniosa "Naked Twister", il guitar rock con venature glam di "Egg Shaped Fred (fa il suo sfoggio anche una tastiera ispirata a "Hush" dei Deep Purple), e il finale pirotecnico affidato all'epica ballata ashcroftiana "Dark Mavis", che oltre a rappresentare la conclusione dell'intricata storia narrata tra un brano e l'altro, presenta anche una band capace di tendere più volte al sublime e che, alla fine, ci arriva davvero, con l'interminabile sezione d'archi che riprende il motivo iniziale, uno strepitio di malinconia e, come dire, "romanticità" destinato a imprimersi nella memoria per molto tempo.

Se vedrete mai questo disco da qualche parte (bellissima la copertina), ascoltate questa perla sperduta dello scorso decennio: costa anche poco e male di certo non vi farà.

Carico i commenti...  con calma