Manu Katchè è un professionista della batteria.
Sfiora, percuote con gran fantasia ma sempre avendo ben chiaro l'obiettivo primario di ogni percussionista che si rispetti: colorire la musica, accompagnarla e caratterizzarla mettendosi a suo esclusivo servizio.
In questo disco da titolare egli finisce a fare, al solito, il… gregario ? No: il "Batterista", che è il suo mestiere nobile. Troviamo il meglio del jazz centro-nord europeo: Tomasz Stanko, Marcin Wasilewski e Slawomir Kurkiewicz, trio polacco di tromba, piano e contrabbasso; cui si aggiunge Jan Garbarek al soprano. Le canzoni di questo disco che si chiama "Neighbourood" (vicinato) sono di Katchè e tutte molto giocate su una continua ricerca di timbro da parte di tutti gli strumenti, esclusivamente acustici.
Decisamente esiste una via europea personale ed innovativa al jazz, quale contributo autonomo a questa musica. Ma noi lo sospettavamo da anni. Il disco è dedicato a Petrucciani, con cui Manu ha collaborato spesso. Si tratta di vere e proprie semplici canzoni, molto vissute durante l'interpretazione dai membri del gruppo. Non vi si trovano momenti di caduta di tensione ed il livello esecutivo dei brani è molto omogeneo. Un capolavoro? No. Ottimo jazz, però.
Di quello che sta un po' di fianco: supporto e massa di suoni da consumare e da usare come sfondo alle nostre giornate. Che resterà a lungo nel lettore. Oggetto di ritorno nei momenti incerti delle vostre serate negli anni a venire. Come un buon vino. Eseguito con classe e misura. Non una sbavatura.
1) "November 99". Intro di piano per un pezzo in trio che si dipana secondo i binari sonori classici; a metà tra la scuola evansiana che lascia ampio spazio al contrabbasso ed il pianismo più rilassato, spendibile anche nelle stazioni FM. Calma: nessun funambolismo.
2) "Number one" vede un movimento orizzontale latineggiante; grazie all'ingresso dei fiati, coordinati ma estrosi al punto giusto, si cambia marcia rispetto al primo brano.
3) "Lullaby" è, per l'appunto, una storiella intima narrata con semplicità. Bel tema.
4) "Good influence" ricorda le esecuzioni immortali dei quintetti "biblici" dei primi sessanta. Per qualche ragione, comunque, continua a sentirsi una sensibile differenza stilistica e timbrica che caratterizza il disco come assolutamente diverso da un qualsiasi classico remake. Wasilewski va ovviamente tenuto d'occhio. Così come anche il trumpet player, il contrabbassista ed il… giovin sassofonista!
5) "February sun". Anche qui si continua a rifuggire dai cliché, interpretando una bella ballad che si distingue per relax e padronanza del colore. Pochi accordi. Molta interpretazione e concentrazione. Attenzione somma alla qualità delle note da suonare. Molto risparmio. Intimismo.
6) "No rush". Tempo "rockeggiante con groove" per un pezzo che funge da tappeto per le elucubrazioni dei solisti ma quasi giocato in modale: anche qui pochissimi accordi che fungano da canovaccio. Sobrietà sembra essere la parola chiave del disco.
7) "Lovely walk". Un tempo di nuovo latineggiante accompagna l'esecuzione serena di questo pezzo. I temi esposti all'unisono in questo disco denotano come tra musicisti di diverse generazioni e retroterra ma di alta classe si riesca sempre a compiere una fusione perfetta. Il linguaggio jazzistico, in questo senso, ha del miracoloso. Garbarek graffia; al solito.
8) "Take off and land" si dispiega su di un tempo sincopato e circolare, per consentire uno scambio di soli tra fiati e piano che rende l'atmosfera inquieta ma danzante, grazie all'uso di un drumming potente e preciso.
9) "Miles away" presenta un ovvio omaggio al maestro Davis ed è il primo ed unico pezzo in ¾ del disco; molto bello. Impressioni di Water Babies e spettro di Freddie Hubbard per l'aere. Molto swing, incedere maestoso e sospeso del piano. Non è riconducibile ad alcuno, 'sto Wasilewski ed esce fuori alla distanza, man mano che te lo gusti. Non spreca una nota eppure si sente che ha una padronanza tecnica non comune. Per l'intelligenza e la sobrietà l'assimilerei a Monk. Però molto più fluido.
10) "Rose" è un'altra bella ballad che ricorda molto (come del resto tutto il disco) la musica dei fratelli Ambrosetti (Franco in particolare), a torto trascurati interpreti di primo piano del jazz europeo.
Un bellissimo disco che non mancherà di ricambiare la fiducia accordata.
Nota personale: la mia copia, presa su E-bay a 8, 50 dollari, è venuta da Riga, Latvia (Lettonia) CON RACCOMANDATA RICEVUTA DI RITORNO! A testimonianza di quanto velocemente stiano cambiando le cose attorno a noi. Interi popoli riprendono immediata dignità e si drizzano fieri ed attivi per stare al nostro fianco a pieno titolo. Opportunità di grossa crescita per l'umanità. Se ce la giochiamo bene. Europa: che periodo affascinante per tutti noi. Del resto Mint Jams, doppio degli Yellow Jackets che in giro costava ovunque uno sproposito, l'acquistai un anno fa a 10 dollari su un sito (CDJungle.com) in inglese ed arrivò… dall'Oman!!!
Speriamo solo che i cinesi comincino ad interessarsi presto in massa al jazz!!!
"Neighborhood": buon vicinato tra noi, su questa terza, piccola roccia a partire dal sole.
Carico i commenti... con calma