Cosa succede ad un artista quando si esaurisce l'onda lunga della corrente di cui ha fatto parte e a cui deve la propria fama ed affermazione? Se l'artista in questione è di quelli veramente bravi non fa altro che andare avanti senza scomporsi troppo, proprio come ha fatto Marc Almond dopo un tour de force ininterrotto che l'aveva portato, tra Soft Cell e carriera solista, a pubblicare non meno di un disco all'anno tra il 1980 e il 1991, contando anche EP e progetti collaterali. Archiviato definitivamente il suo periodo più intenso e produttivo con una notevole fusione tra disco-music e canzone d'autore come "Tenement Symphony" l'artista inglese si prende cinque anni di pausa, più che sufficienti per osservare i mutamenti e le innovazioni del nuovo decennio e prenderne il meglio, riadattandolo al proprio stile, e nel 1996 ritorna sulla scena con questo "Fantastic Star", un album che afferma a chiare lettere e senza possibilità di fraintendimento che, anche se gli anni '80 sono ormai passati ed archiviati, Marc Almond non ha alcuna intenzione di farsi da parte, forte di idee solide, grande ispirazione ed una verve quasi inedita ed inaspettata considerando le sonorità dei dischi precedenti.
"Fantastic Star" segna dunque una svolta molto netta nel percorso artistico del carismatico songwriter di Northampton, che insieme agli anni '80 abbandona anche le sue inclinazioni cantautorali e le suggestioni gitane e mediorientali che avevano raggiunto l'apice con "Enchanted"; è comunque un peccato ma ogni vero e serio cambiamento di rotta porta con sè delle rinunce e, considerando una tracklist debordante ma soprattutto di grandissima qualità, direi che nè è valsa la pena. "Fantastic Star" è uno di quei dischi di cui si può capire molto già solo osservando la copertina: la ricerca di una nuova immagine più moderna ed aggressiva è uno dei nodi cruciali dell'album, che esplora le sonorità elettroniche affermatesi nei 90's ma guarda anche al passato, alla disco ovviamente ma soprattutto al glam rock, che rappresenta il tratto più unico e caratterizzante di "Fantastic Star". Con queste premesse l'esito finale non può che essere un disco intenso e vitale, connubio perfetto tra chitarre graffianti e pulsazioni elettroniche, decisamente più carne che spirito. Non mancano alcune ballate, "Child Star" è addirittura una delle più belle ed intense di tutto il suo repertorio, senza dimenticare la dolce e sognante "The Edge Of Heartbreak" e la classe crooneristica di "Come In Sweet Assassin", ma sono "solo" parentesi meravigliose, cariche di brividi e di emozione, in un flusso sensuale, lascivo e affascinante che si esprime in una gamma di sonorità che spazia da un sontuoso disco anthem come "Brillant Creatures" all'elettronica darkeggiante di un'infuocata e suggestiva "Caged". "Fantastic Star" è dominato dal duopolio glam rock-elettronica, ma in quanto a cura dei dettagli, gusto e ricchezza non ha assolutamente nulla da invidiare ai fasti orchestrali di fine anni '80 e inizio '90 ed il nuovo sound, più corposo, diretto e quasi muscolare, è un continuo ed imprevedibile spettacolo che raggiunge vette come "Out There" con il suo groove travolgente, i bassi ipnotici e meccanici, quasi industrial di "We Need Jealousy", esempi di dance-pop di classe altissima come "Adored And Explored", arricchita da un brillante giro di armonica e "Looking For Love (In All The Wrong Places)", in cui si può ancora avvertire, soprattutto nei cori, un po' di sound anni '80; un lieve tocco noir nella languida e latineggiante "Love To Die For" e il retrogusto agrodolce di "Betrayed" con i suoi raffinati fraseggi di chitarra.
Uno strumento, la chitarra elettrica, non propriamente usuale in un album di Marc Almond, "Fantastic Star" è forse un'eccezione unica in tutta la sua discografia e, tolta la parentesi bluesy di "Betrayed" per il resto è usata per graffiare, per produrre riffs potenti, stilosi ed orecchiabili, come vuole la tradizione del più classico glam rock di inizio anni '70; episodi come la tagliente "Addicted" ed una più glitterata e godereccia "On The Prowl", ristilizzati elettronicamente quel tanto che basta da non risultare semplici riproduzioni del passato, aggiungono ulteriore carattere a "Fantastic Star", insieme ovviamente al manifesto per eccellenza di questo inedito Marc Almond in versione rock nonchè episodio più ambizioso di tutto l'album: "The Idol (Parts 1 & 2 All Gods Falls)", una piccola e cangiante rock-opera concentrata in nove minuti che, partendo dalla più classica e trascinante aria glam infarcita di cori femminili arriva ad un grandioso recitativo scandito dal basso in cui vengono rievocati una miriade di personaggi, Rodolfo Valentino e Kurt Cobain, Billie Holiday e Jimi Hendrix, Marilyn Monroe e James Dean, Marc Bolan e Jim Morrison; tutte apparizioni fugaci, tutti liquidati in due frasette con cinismo e noncuranza. Siamo lontanissimi dalla poetica sognante di quella "Celluloid Heroes" di kinksiana memoria, qui rimane solo la celebrazione di una sfavillante catena di montaggio fabbrica-idoli, che si trasforma in pressa demolitrice con ineluttabile fatalità.
Un album come "Fantastic Star", ricchissimo, arguto, diretto, coinvolgente ed orecchiabile è il manifesto perfetto per un Marc Almond rinnovato che sembra non avvertire minimamente il peso degli anni, diverso ma sempre fedele a sè stesso, con quello stile sontuoso ed elaborato ma sempre comunicativo ed emozionante, mai fine a sè stesso, che si riconosce tra mille; con ogni probabilità l'episodio migliore dei suoi ultimi vent'anno di carriera, anche perchè mettere insieme la bellezza di sedici canzoni senza alcuna significativa caduta di stile, senza veri passaggi a vuoto, è un chiaro sintomo di grandissima ispirazione; facile ed immediato ma al tempo stesso ambizioso ed imprevedibile, FS è splendente e semplicemente perfetto, la quadratura del cerchio di un artista meraviglioso per cui la fedeltà a sè stesso non è mai stato sinonimo di sterile autoreplica.
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