Marc Cohn, cantautore originario di Cleveland, fino a "Burning The Daze" del 1998 era un artista incompiuto, nonostante fosse riuscito a catturare fama ed attenzioni già con il suo omonimo esordio datato 1991 che gli fruttò un Grammy Award come miglior artista esordiente. Senza dubbio un buon album, trainato da uno splendido singolo come "Walking In Memphis", che ebbe in Cher una grandiosa interprete, tuttavia "Marc Cohn", nonostante presentasse oltre alla famosa hit altre grandi canzoni come "Ghost Train", "Silver Thunderbird" e "True Companion" non si può comunque definire un lavoro del tutto riuscito e memorabile, troppo statico, troppo appiattito su ballads dai risvolti ora folk, ora pianistici, ora R'n'B, ora soul, poco adatto a reggere alla prova del tempo, prevedibile ed a tratti opaco. Marc Cohn, personaggio semplice e schivo, perde così l'occasione di diventare una cosiddetta superstar, alla prima prova segue nel 1993 un "The Rainy Season" che replica in toto il disco d'esordio amplificandone ulteriormente le pecche. Fin qui Marc Cohn si può quasi definire una one-hit wonder, e solo dopo cinque anni di silenzio, troppo tardi per le aspettative della Atlantic Records che l'aveva lanciato e per un pubblico distratto e di memoria corta, arriva il riscatto, l'album che segna una maturità artistica finalmente raggiunta in pieno, ovvero "Burning The Daze".

Bellissimo disco questa terza prova discografica di Marc Cohn, che finalmente si dimostra in grado di superare la sua più grande debolezza riuscendo a realizzare un album variegato e pieno di sfumature, molto ispirato, semplice e fatto di belle canzoni che esprimono nel migliore dei modi la grande classe di un cantautore raffinato e di gusto prettamente americano ma mai gratuitamente populista ed atteggiato. Prima di questo album Marc Cohn non era mai riuscito a scrivere una canzone mozzafiato come "Girl Of Mysterious Sorrow": un semplice giro di chitarra acustica dal sapore vagamente latineggiante, un crescendo perfettamente contenuto in un midtempo incalzante ed ipnotico, una melodia che sa di polvere, mistero e sofferenza, interpretata con esemplare intensità ed equilibrio. Questo exploit supera di gran lunga "Walking In Memphis" e "Walk Through The World", l'unico highlight significativo del trascurabile "The Rainy Season", ma in "Burning The Daze" è in ottima compagnia di molte altre grandi canzoni: il midtempo rock con sfumature mediorientali "Providence", una dolcissima piano-ballad come "Healing Hands", la felpata eleganza soul di "Already Home", l'incisivo blues-rock "Lost You In The Canyon" e l'amarezza disillusa di "Saints Preserve Us".

Ce n'è proprio per tutti i gusti in "Burning The Daze", ed anche gli episodi minori si rivelano assai piacevoli ed ispirati, non più semplice minutaggio aggiuntivo, basti pensare ad una suadente rock-ballad come "Turn On Me", alle atmosfere acustiche e rilassanti di "Olana" e di una "Valley Of The Kings" scandita dal ritmo quasi tribale della marimba, lievemente esotica e accattivante. Chiude il cerchio nel migliore dei modi una toccante "Ellis Island" in cui Marc Cohn, accompagnato solo dalla sua chitarra acustica e da un violoncello, riesce a rievocare con sensibilità e delicatezza le vite, le paure, le incertezze e la speranza degli immigrati in fuga dalla miseria ed alla ricerca di una nuova vita nella terra delle grandi opportunità.

"Burning The Daze" è un disco di taglio classico ed elegante, consigliato in particolare a chi cerca del cantautorato non impegnato politicamente nè introspettivo ed intimista, un album sincero e personale arricchito anche dalle eccellenti doti canore del cantautore, forte di una voce limpida, calda e leggermente roca. Purtroppo questo album non venne sufficientemente promosso e non ottenne alcun riscontro commerciale; Marc Cohn si ritrovò metaforicamente a piedi, scaricato da quella Atlantis che lo aveva lanciato, ed il seguito di "Burning The Daze" si farà attendere ben nove anni, materializzandosi solo nel 2007 con "Join The Parade", un altro ottimo album che confermerà in toto tutte le doti espresse con BTD, le doti di un songwriter di razza ormai maturo ed al massimo delle proprie potenzialità.  

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