Non c'è bisogno di leggere Jared Diamond per considerare che le "malattie" costituiscano uno dei motivi principali della storia e dell'evoluzione del genere umano: l'esempio principale può essere l'incontro tra le popolazioni indo-europee e i nativi americani. "Pandemie" come la peste nera nel 1300 hanno ucciso solo in Europa e in soli cinque anni un terzo della popolazione del continente; l'influenza spagnola tra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone in tutto il mondo. Chi appartiene alla mia generazione è cresciuto nella paranoia de l'AIDS. Poi ci sono stati la mucca pazza, l'influenza aviaria, la SARS, l'influenza suina... Ma al di là dei caratteri drammatici oppure "paranoici", il tema è persino affascinante: il nostro sistema biologico è un vero e proprio ecosistema e in cui alterazioni organiche si risolvono in mutazioni genetiche trasmesse in maniera ereditaria con caratteristiche peculiari a seconda dei casi. Personalmente (ma questo è solo un esempio) sono affetto da "talassemia minor" oppure conosciuta come "anemia mediterranea": una malattia ereditaria del sangue che (in breve) può comportare condizioni cliniche con risultati variabili (purtroppo) anche gravi. Una mutazione genetica diffusa tra i popoli del Mediterraneo come grado di protezione contro la malaria e viene definito praticamente "vantaggio di sopravvivenza selettiva".
Sostanzialmente si ricollega a tutto questo l'unico tema di interesse in "World War Z", film del 2013 diretto da Marc Foster e tratto da un romanzo in forma epistolare di Max Brooks del 2016. Il film si focalizza sulle vicende di Gerry Lane (Brad Pitt), investigatore delle Nazioni Unite che a seguito alla diffusione in tutto il mondo di una pandemia che rende gli esseri umani degli zombie, ricerca un rimedio all'epidemia e in particolare quello che viene considerato il "paziente zero" (suggerisco sullo stesso tema, ma senza deviazioni horrorifiche, il film "Contagion" di Steven Soderbergh). La sua ricerca si risolve in un nulla di fatto, ma una sua intuizione basata sul fatto che gli zombie, che costituiscono a tutti effetti soggetti contagiati da un virus, si rifiutino di attaccare soggetti affetti da un altro tipo di malattia virale, si rivela alla fine risolutiva dello stato di crisi internazionale.
Per il restso "World War Z" non offre spunti degni di interesse: l'elemento "zombie" (manca peraltro quello "splatter" che dia senso alla loro esistenza) pone il flim in una posizione intermedia tra l'horror e la fantascienza apocalittica che è ambigua. Anche le scene che dovrebbero essere più suggestive, tipo la "piramide umana" alle porte di Gerusalemme, lasciano lo spettatore indifferente. Salvo due-tre "immagini": 1. L'agente CIA rinnegato che racconta come i nordcoreani abbiano "risolto" l'epidemia in poche ore asportando i denti all'intera popolazione; 2. La reazione del protagonista alla costruzione delle mura attorno Gerusalemme: "Non mi sorprende: sono duemila anni che costruiscono muri"; 3. La suggestiva e inquietante teoria del decimo uomo del Mossad: "Se nove di noi leggono un'informazione e arrivano alla stessa conclusione, è compito del decimo uomo dissentire. Per quanto improbabile possa sembrare, il decimo uomo deve investigare con il presupposto che gli altri nove sbaglino."
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