"Tropicalia" ovvero non solo una delle prime canzoni di Caetano Veloso, ma anche il titolo di questo bel film documentario diretto da Marcelo Machado nel 2012 che ci riporta agli anni della nascita e sviluppo di una corrente artistica e musicale denominata "tropicalismo" attiva nel Brasile degli anni 60 del secolo scorso.
In quel decennio così ricco di fermenti culturali e politici (i cosiddetti "winds of change") anche una grande nazione del Terzo mondo come il Brasile non poteva rimanere arroccata in una sorta di splendido isolamento. Come ben illustrato e ricordato nel film, l'allora dittatura militare carioca instaurata nel 1964 cercava di attuare una politica isolazionista anche in ambito culturale e , nel settore musicale , era diffuso il richiamo e la tutela di stili autoctoni come samba, bossanova oltre i quali non ci si proiettava.
Inoltre, il regime tendeva ad offrire un' immagine generale di spensieratezza per occultare la reale dimensione dei problemi socio economici esistenti in quel tempo e, a tal scopo, alla tv brasiliana venivano trasmessi vari show di musica popolare. Era un modo risaputo di distrarre l'opinione pubblica nel solco del classico "panem et circenses" , per quanto non mancassero sottotraccia tensioni sociali e gli stessi studenti universitari non fossero così mansueti, tanto da far sentire la propria voce nonostante la repressione poliziesca dopo l'uccisione dello studente Edson Luis all'inizio del fatidico 1968.
Fu proprio in quella seconda metà degli anni 60 che mosse i primi passi lo stile tropicalista che, in ambito musicale, emergeva per un approccio eclettico tanto da rivitalizzare il folk brasiliano con robuste dosi di rock anglo americano. I maggiori esponenti di questa corrente come Caetano Veloso, Gilberto Gil, Os Mutantes, Gal Costa (solo per citarne alcuni), portavano una ventata di novità che cozzava sia contro il tradizionalismo autarchico del regime vigente, sia contro certo dogmatismo culturale dell'estrema sinistra locale che bollava come imperialista e filo americana qualsiasi apertura a stili musicali stranieri . Il loro stile era realmente dirompente tanto da culminare nella canzone dal titolo inequivocabile "Prohibido prohibir", una dichiarazione di intenti troppo libertaria e hippie per un governo così autoritario da promulgare leggi speciali liberticide nel dicembre 1968. Data questa ulteriore svolta reazionaria, inevitabilmente Caetano Veloso e Gilberto Gil finirono agli arresti e, dopo alcuni mesi di detenzione, furono mandati nel 1969 in esilio a Londra.
Al loro rientro in Brasile nel 1972, i due non solo avevano avuto modo di approfondire la conoscenza del rock britannico , ma erano assurti anche ad una notorietà internazionale che poteva preservarli da eventuali successive ritorsioni nei loro riguardi da parte della giunta militare brasiliana. L'opera musicale dei due continuerà poi fino ai giorni nostri, influenzando il panorama musicale carioca a conferma del loro ruolo basilare.
Con un montaggio serrato delle immagini sia in bianco e nero, sia a colori, il film ci restituisce l'atmosfera di quegli anni attraversati sia da tensioni sociali (ancora toccanti le sequenze dei funerali dello studente Edson Luis), sia da entusiasmanti concerti ripresi dalla tv brasiliana. Fino ad arrivare alla parte finale in cui Veloso e Gil, guardando in studio una loro esibizione filmata risalente al 1972, si mettono a cantare il motivo "Back in Bahia". E mi viene spontaneo allora pensare alla forza catartica racchiusa nella musica, tanto forte da sfidare l'usura del tempo. Insomma è da dire e pensare che il tropicalismo non è morto, ma vive e lotta insieme a noi.
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