Per una presentazione accurata di Maurizio di Fulvio rimando al sito ufficiale del chitarrista chietino davvero ben fatto. Su Marco Felicioni, pressocchè assente sul web, è necessario che vi dica qualcosa. Diplomatosi in flauto traverso presso il Conservatorio "Luisa D'Annunzio" (Pescara) nel 1985, si è perfezionato in flauto e musica da camera per poi dedicarsi allo studio di numerosi altri strumenti, sempre della famiglia dei flauti, riservando un'attenzione particolare ai flauti etnici e popolari. Ha svolto e svolge tuttora una fervente attività concertistica sia come solista che come orchestrale che in formazioni da camera. Ha collaborato tra gli altri con R. Muti, L. Bacalov e J. Carreras.

Il duo Felicioni-Di Fulvio si forma nel ormai lontano 1993, mostrando, inevitabilmente visti i presupposti, una personalità musicale eclettica e per questo invidiabile, germogliata su un background essenzialmente classico e barrocco, pur con contaminazioni che vanno dalla moderna alla contemporanea, dal jazz alla musica folkloristica europea e sud-americana.
Il presente lavoro, venuto alla luce nel 2004, sviluppa una delle idee più originali e coraggiose mai contemplate: riarrangiare alcuni pezzi classici per chitarra e flauto. In particolare il disco è un omaggio moderno alla forma nobile dalla storia della musica, la fuga: connubio perfetto di genio compositivo e tecnica matematica, in essa la rigida teoria si sublima nella capacità del compositore di padroneggiare con classe e gusto quelle regole. Il genio ineguagliato di Johann Sebastian Bach nobilitò questa forma, elevandola da semplice e retorico esercizio di stile ad opera d'arte autentica e grandiosa, dove le regole non imprigionano la creatività, semmai la esaltano, inibendo il ricorso ad escamotage quali la melodia accattivante, che tendono con la loro pochezza a banalizzare l'intera architettura.
Forte di una straordinaria preparazione tecnico-culturale, il duo ha attinto a piene mani dal "corpus" musicale del compositore tedesco, rivolgendo comunque la propria attenzione anche ad altri compositori come Heitor Villa-Lobos, John William Duarte e Baden Powell.

L'incipit è affidato a "La Sonata BWV 1033 in do maggiore" di Bach: la realizzazione del basso continuo ad opera della chitarra classica, in apparenza fuori luogo, si rivela invece funzionale all'esaltazione del flauto in chiave solista e quindi estremamente efficace. Si prosegue con la "Bachiana Brasileira n 5" di Villa-Lobos, dove la contaminazione del patrimonio musicale brasiliano con la tradizione compositiva europea è mirabile, e con la breve "title-tack" di Duarte, raffinato compositore-chitarrista anglo-ispanico. Il tributo a Bach torna ne "La Partita BWV 1013 in la minore" per flauto solo: la mancanza dell'accompagnamento chitarristico rende, se posso permettermi, troppo scarnificata l'esecuzione del brano (affidata alla pura monofonia del flauto) penalizzando decisamente la resa complessiva dell'opera anche sul piano della mera godibilità della musica, tanto che i dodici minuti complessivi sembrano lievitare paurosamente. "Invencao" di Baden Powell fa da trampolino per "La Fuga" di George Gershwin, tratta dal "Porgy and Bess", dal carattere insolitamente sincopato e ritmico, mentre "La Cattedral" di Augistìn Barrios per sola chitarra si consacra come il brano più drammatico ed emozionale dell'intero lotto. Il dialogo contrappuntistico fra chitarra e flauto, continuo ed equilibrato, caratterizza il terzo e ultimo omaggio a Bach, "La Fuga" dalla Suite per Liuto BWV 997. Curiosità: il brano, composto originariamente in do minore, è stato per l'occasione riarrangiato in re minore, forse anche per ragioni di comodità esecutiva. "Ics" di Domenico de Simone è invece un simpatico omaggio proprio ai due musicisti pescaresi e compositivamente mira a mettere in luce le peculiari caratteristiche espressive del gruppo, attraverso un climax ascendente di ritmo e vitalità. Certamente un episodio intrigante e degno di nota. La chiusura spetta alla "Bachianina" di Nogueira, padre fondatore del genere "bossa nova": qui flauto e chitarra si rincorrono in un prezioso e incalzante contrappunto fino a raggiungersi nell'arpeggio conclusivo. Un pezzo che, nei suoi quattro minuti, rappresenta il sunto ideale di quanto sentito in quasi un'ora di grande musica.

Un disco che mostra come i grandi musicisti siano tutt'altro che in estinzione. Soprattutto in Italia. Da avere, visto anche il prezzo onorevole (10 euro).

(La tracklist non c'è su FreeDB, anche per questo nella recensione ho commentato tutti i pezzi seguendo il loro ordine nel disco.)

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