Marco lascia "le luci accese in tutte le stanze" e filma la nostra noia, le nostre miserie, filma l'inaccettabile, il riflesso che riflette noi stessi dove non ci riconosciamo perchè non abbiamo mai voluto guardare la realtà. E la realtà per la quasi totalità delle volte è miserabile.
Il corto circuito è definitivo: è osceno riprendere i tempi "morti" dell'esistenza perchè la maggior parte delle esistenze è Morte. È la stessa cosa della caverna di Platone, tenti di svegliare chi dorme il quale vuole continuare a dormire anche aiutandosi col sonnifero, come la Pallenberg.
La comunicazione è disintegrata, raccontandosi illusioni gli interlocutori viaggiano paralleli e non si incontrano ma, come Ferreri ha fatto, se si piegano i binari fino ad unirli, succede il deragliamento psichico del rifiuto. Può non risultare simpatico quando uno ti fa vedere la tua merda.
E qui la spietata onestà di Ferreri è una sicurezza: non è consolatorio, non c'è inganno e senza inganno ci si scontra con l'umanità. La pistola a pois (non la zebra), usata più che altro per vedere se funziona, è strumento per un'azione ludica, scevra da condizionamenti e indottrinamenti, l'azione scompare nel depensamento dell'atto. Si acquisisce la libertà dell'eterno della nostra anima cercando uno scatto (premendo realmente il grilletto) verso un altro involucro che possa contenere la nuova energia acquisita abbandonando i limiti di un involucro carnale.
Il protagonista cucina enfaticamente i rituali di carne umana così da sterilizzarli e coscientemente esorcizzarli. Glauco saluta tutti, "è stato bello ma non è più quello"... Si saluta, con tutte le sue azioni in cucina, amoreggiando con la domestica Sabina, sensualissima Annie Girardot che al telefono dice la parola chiave "fatalmente", proiettandosi tauromachie, aprendo quel cassetto pieno di scherzetti, smorfioseggiando la fine allo specchio, facendo scorrere dunque tutti gli inganni a cui è stato sottoposto dall'ego e li saluta.
Saluta la casa prima di uscire ripassando in rassegna tutte le sue vanità, portando con sè una collana per la definitiva rappresentazione di un passato che non essendo mai esistito non viene considerato se non come "fu, ma non fu mai...", saluta il suo fantasma.
Le ultime scorie di ombre e specchi si sciolgono come nebbia al sole alla richiesta di una mousse al cioccolato da parte della "perla di Labuan". La destinazione del veliero sentenzia la fine del sogno, è ora di barcamenarsi col viaggio astrale: "Ma dove va questa barca?"
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