Raramente butto un occhio alla musica italiana: un po' per snob, lo ammetto, un po' per pigrizia, un po' per il cantato quasi sempre prevedibile anche in picchi di alto livello (Lindo Ferretti però merita un discorso a parte) e un po' per il vizio di scimmiottare con qualche mese o anno di ritardo i colleghi anglofoni che generalmente "osano" sempre qualcosina di più.
Questo invece di "Neve Ridens" è uno dei quei rari casi in cui le mie orecchie si sono soffermate con rinnovata attenzione e spiccata curiosità sulle 8 composizioni "irregolari e trasversali", frutto di quella mente non propriamente lineare di Marco Parente. Finalmente sento qualcosa di interessante, sonorità relativamente nuove per il panorama italiano e arrangiamenti non canonici da "mestieranti della musica".

Un disco profondamente NON italiano (nel senso di "italiota" del termine) che sembra uscito da una session degli ultimi Radiohead (sentire "Wake Up") o da qualche vecchio brano di David Sylvian (la crepuscolare "Amore o governo" o "Io aereoporto"), con influenze low-fi ("Un tempio"), mai banali, mai prevedibili, lontana anni luce dalle produzioni jovanottiane, maxpezzaliche o luciodallose della nostra tormentata penisola.
Se però una critica va fatta, a mio modo di vedere (e una critica "fa sempre democrazia"...), è forse da ricercare nella voce che pecca un po' di ipo-intensità, ossia eccessivamente fragile con stonature, qua e là soprattutto sui toni alti e al limite (l'intensa "Colpo di specchio") che benché colorino l'interpretazione non permettono mai di rendere appieno la forza espressiva delle parole, ritorcendosi eccessivamente contro e involvendo il brano e il significato dei testi su castelli di sabbia friabili al secondo o terzo ascolto. Forse, però, è una critica eccessiva la mia, e probabilmente dovrei esclusivamente lodare il coraggio di questo cantatutore (!?) italiano che in tempi come questi ha la sfrontatezza di uscirsene con un disco che è tutto ma non commerciale, tutto ma non banale, riuscendo (immagino tra mille difficoltà) a portare avanti un discorso delicato e difficile come il suo, senza testi con rime baciate, senza ritornelli di facile presa, e senza "pezzi da MTV" che piacciono tanto ai ggiovani e che aiutano a vendere non poco. Si fa presto a criticare, mannaggia a me, ci provassero i sopracitati a sfiorare soltanto il livello artistico del nostro: non saprebbero nemmeno da dove cominciare!
A gente come Marco io mi inchino e alzo tanto di cappello: quasi un capolavoro!

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