Il giovane talento casertano affonda la prima mossa per entrare tra i chitarristi che contano.
Marco Sfogli, giovanissimo talento scoperto e assunto da james LaBrie per il suo disco solista "Elements of persuasion" pubblica il suo primo e tanto atteso disco solista, dal titolo "There's hope".
Distribuito da Lion records, questo primo disco solista mette in mostra le doti tecniche e compositive del giovane della Campania.
Dunque, tutto oro quello che ascolteremo? In parte si e in parte no. Credo che Sfogli sia ancora un pò troppo influenzato da alcuni suoi colleghi. nulla di grave ovvio, ma la sua impronte su questi brani a tratti latita. Si passa infatti da brani originalissimi, freschi, lodevoli, per poi perdere quella freschezza in alcuni frangenti, proprio quei frangenti in cui Sfogli doveva dimostrare di staccarsi da certe ombre che gli gravano addosso dall'esordio mondiale con il disco assieme a LaBrie.
Momenti di incredibile classe e grandezza musicale affiancano quindi momenti un pò sottotono che abbassano la media di un album, altrimenti, perfetto.
Se l'opener "Still hurts" si piazzi sui binari della sufficienza, a trtati un brano ripetitivo anche se dotato di un grandioso tema, la successiva "Andromeda" si eleva come uno dei migliori brani dell'intero album: una composizione freschissima, notevole in ogni suo passaggio sia tecnico che pacato, con una sezione centrale da far impallidire qualsiasi suo collega più blasonato. E questo ottimo brano è in favolosa compagnia con la seguente e altrettanto ottima "Seven". Un brano che ho ascoltato più volte prima di innamorarmene. Melodie davvero struggenti, poca tecnica e tanto cuore. La prima nota dolente arriva con la title track "There's hope". Il primo esame? Si, perchè Sfogli si cimenta in un brano davvero metal, dalla ritmica possente. Peccato che a tratti si sentano riminiscenza del petrucci solista, specialmente nel riff principale e nelle prime parti soliste, parti che ricordano "jaws of life" del chitarrista dei teatranti. "Spread the disease" lo trovo un pò fine a sè stesso e lo trovo un pò una sorta di clichè di certi dischi solisti. Tralascio volentieri "Farewell", che mi ricorda in troppi tratti un certo chitarrista pelato di nome Satriani, per passare finalmente a due brani davvero originali: "Sunset Light", molto vario e personale, mentre "Genius" merita un discorso a parte per l'incredibile lavoro che permea tutto il brano. Sarà un brano strano, un pò prog, a tratti fusion, ma è fantastico in ogni sua variazione, in ogni suo improvviso cambio di tonalità, di tempo e in ogni singolo passaggio, anche il più tecnico.
"Never Forgive me" è un ottima ballad, forse già sentita, un pò troppo ruffiana che strizza l'occhio a tanti chitarristi che hanno fatto di brani simili un marchio di fabbrica, però si fa ascoltare, godibile. "Memories" è un altro di quei brani belli, certo, un pianoforte e una chitarra a fare da padroni, ma è un modus operandi per nulla originale ed è una strada che stranamente sem,bra esser diventata un must per i chitarristi. L'unico, vero esperimento riuscitissimo è il "rischio" di cimentarsi nel country, e infatti chiude il disco "Texas BBQ". Qual'è quel pazzo chitarrista che in un disco votato allo shred metterebbe un brano country? Bèh, da oggi posso dire che Marco è uno di quelli, e fa una scelta azzeccatissima: il brano non sarà una bomba di originalità, ma data la sua improvvisa comparsa è una piacevolissima sorpresa, e, concedetemelo, per il country vado matto!
Una lode merita anche la produzione e i suoni di questo disco, ottimi.
Promosso dunque? Certo, per quei 5 o 6 brani in cui ha mostrato grandi doti e ha suonato grande musica in cui si può dire: "è Marco Sfogli". Il resto non è da buttare ed è lecito aspettarsi da un rookie un lavoro di composizione che peschi qua e là nel mondo dei suoi colleghi. E' forse il fattore esperienza e ci sta tutto. Per ora la sufficienza c'è. E lo aspetto al varco per un disco che sia più "suo".
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