Duemiladodici, anno di crisi, recessione, balzi all'indietro con avvitamento quadruplo, sismi e sismologi, disoccupazione, desolazione, processi e toghe multicolore, sfascio della società e bombardamento dei valori civili. Duemiladodici, anno dei tecnici, quell'opinabile manipolo di pseudo tuttofare, i regali salvatori della Patria perduta, scesi alla modesta tavola repubblicana di Palazzo Chigi direttamente dai loro rispettivi feudi imprenditoriali: il pontefice Monti, la vestale del Lavoro e delle Pari Opportunità, Miss Fornero lacrime facili e dialettica scadente, ma anche i vari Clini, Cancellieri, Balduzzi, il fior fiore della meglio industriosità italiota che monta ad arte una bella rimpatriata nei palazzi del potere per una sana vacanza fra decreti, revisioni, modifiche e legiferazioni varie. Difficile, dunque, dimenticare un'annata così densa di avvenimenti e di eventi, di imbarazzi e di cadute di stile, di omuncoli, ballerine, coatti, ministerini e burattini, tantomeno se si pensa che il big bang retroverso previsto dai Maya non si concretizzerà e non cancellerà tutta questa melma fumante.

Salutare l'anno che se ne va è un rito che si ripete da immemore tempo e, nonostante la burrasca dei mesi trascorsi, neanche questo 2012 farà eccezione. Ecco dunque che fa capolino, assieme allo spumante del discount e al panettone riciclato, il caro, buon Marco Travaglio, forse l'unico esegeta nazionale in grado di dirci validamente in che acque stiamo navigando e su quali autostrade del cataclisma immane il nostro navigatore satellitare ci condurrà. Irriverente, politicamente scorretto, sciolto da legami, vincoli e inciuci, degno erede di quello che fu il Dio del giornalismo nostrano, tranquillo nei movimenti e scatenato sulla carta, Travaglio incarna la figura del disturbatore per eccellenza, il guastafeste, la zanzara fastidiosa che si insinua nei padiglioni della scabrosità magicamente trasformata in deputati e ministri, zanzara che comunque sforna colonne di pungente satira da Nobel per l'editoria, totalmente diversa dalle pagliacciate volgari simil Bagaglino partorite da illustri colleghi. Leggere i suoi editoriali è al contempo uno spasso e un semplice esercizio riassuntivo per apprendere la giostra cigolosa della politica: CaiNani, faccendieri, truffatori, indagati, ex galeotti, condannati, diffamatori, falsari, processati e mafiosi - tutti (o quasi) a piede libero per aule parlamentari, banche e grandi imprese - infiammano le quotidiane righe di copertina, tentando di strappare al lettore grasse risate al posto di amare lacrime.

Lo Stato Montificio raccoglie il meglio degli editoriali di Travaglio pubblicati sul Fatto Quotidiano fra aprile e dicembre, un gustoso collage organico e ordinato di ciò che l'Impero dei tecnici ha concesso all'Italia, oltre all'IMU, all'asfissiante pressione fiscale e al dominio degli speculatori sulla vita economica di un Paese quasi collassato. Spiccano, fra i tanti, il tira e molla dei partiti, l'ascesa illuminante di Grillo e la dovute conseguenze sullo scacchiere degli impauriti colletti bianchi, l'ennesimo colpo alla magistratura sferrato nientedimeno che dal signor Presidente della Repubblica, la pioggia di decreti salva-ILVA e salva-Sallusti (ma non salva-tutti), alleanze e finto alleanze, inciuci, amicizie, fidanzamenti politico-danarosi e, come dimenticarle, le goliardiche e maldestre avventure da fumetto di B., il tradizionale bersaglio travagliesco che tuttavia non riduce i pezzi in catene di clichés e scatolame di "già sentito".

L'addio al 2012 sarà probabilmente un insulso "arrivederci" agli analoghi dodici mesi che si attendono trepidanti e, dunque, bollicine, canditi, Maracaibo e fuochi d'artificio serviranno ben poco a inaugurare il nuovo scacciando il vecchio negli annali di storia. Addio risate e sorrisi? Non proprio: gli irriverenti di natura, gli ex frignoni decisi a cambiare umore, come anche i seriosi e i burberi solo nelle grandi occasioni riusciranno ad abbozzare mezzalune d'espressione sulle strampalate pagine di Travaglio, il "giullare" intelligente che ha capito come far ridere il padrone senza essere suo servo.

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