I Marduk, entrati in un'era artistica ormai orfani del singer Legion, ritornano con un lavoro nuovo che, a mio avviso ciò che guadagna in produzione, perde in qualità.
Il nuovo singer, dall'emblematico nome di Mortuus (ex Funeral Mist e Triumphator) è anni luce lontano dalla caratteristica voce di Legion, il che non significa che è una cosa buona.. anzi, lo fa rimpiangere, e molto anche.
Ecco quindi tra le mie mani il loro nuovo lavoro, dalla bella copertina, e dal titolo di “Plague Angel” che presenta anche delle novità non indifferenti che, al primo ascolto (ma anche al secondo e al terzo e così via), mi hanno lasciato molto perplesso. Se si dovessero fare dei parallelismi con il passato della band, potremmo dire che presenta piccoli elementi dal passato della band, tipo “Panzer Division Marduk” oppure “La Grande Danse Macabre”, definizioni da prender con le pinze, perché, effettivamente l'album risulta lontano dai fasti dei predecessori. Ma comunque le analogie, in termini di potenza sonora e di velocità, ci sono tutte: le prime due tracce “The Hangman of Prague” e “Throne of Rats” sono di una velocità e potenza davvero notevoli. Ma i ritmi si rallentano “Seven Angels, Seven Trumpets”, essendo un brano quasi d'atmosfera ed evocativo.
“Life's Emblem” torna ad accellerare in maniera azzeccata e anche buona, come la successiva “Steel Inferno”, per poi cadere in cadenze che sanno di ossessivo e di ripetitivo con “Perish in Flames”. Finora c'è poco spazio per la melodia, ma è da notare la produzione finalmente buona, ottimi i suoni e gli strumenti che, bene o male, si sentono in maniera nitida. La violenza ritorna prepotentemente con “Holy Blood, Holy grail” e “Warschau". Finora il disco non ha offerto davvero nulla di nuovo: la sensazione di “già sentito” è presente in ogni canzone, e come detto in introduzione, i paragoni con il passato si sprecano. “Deathmarch” rompe l'atmosfera aggressiva per donarci un brano doom, in cui la fanno da padrona orchestrazioni e voci filtrate e piene di echi. Nessuna chitarra o batteria o basso, ma solo grida e lamenti. L'unico esperimento riuscito del disco, perché si ritorna nella monotonia con “Everything Bleeds” e “Blutrache”.
Il precedente “World Funeral” era sicuramente un buon disco black: oltre che ben suonato presentava esperimenti ben riusciti, ma questo “Plague Angel” è monotono, privo di reali idee e soprattutto sembra un copia e incolla di vecchi brani. Lo trovo quasi inutile come disco, se non fosse che la produzione finalmente è fatta come si deve.
Per i die-hard fans.
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