Ho già avuto modo, in passato, di non mostrare particolare adorazione nei confronti di Mariah Carey, personaggio di enorme caratura nei Novanta e dunque preda di sgonfiamenti nel decennio successivo. La poca simpatia da lei profusa, la discreta evoluzione musicale negli anni, la melassa sgorgante e colante da ogni produzione in studio e quell'aria da verginea divetta repentinamente trasformatasi in signora del glamour e regina di cuori brecciati degli pseudo papponi a capo di major ed etichette discografiche non mi hanno mai convinto del tutto, sebbene il nuotare del sottoscritto nel commercial pop più becero, ridondante, colorito e variegato mai comparso sulla faccia della Terra. Cresciuta a pane e ballad nell'era più sdolcinata e romantica di fine millennio, figlia dei vari Titanic e Bodyguard dell'epoca, la Carey ha pressoché condiviso quel simpatico trend con le illustri colleghe Celine Dion e Whitney Houston, anch'esse dedite a zuccherosità e malinconie mari&monti, tuttavia artefici di produzioni in grado di superare a varie riprese le analoghe della bella Mariah.

La biografia di Mimi segna tutt'oggi una funzione matematica che fatica a stabilizzarsi sopra una costante. Giunta al successo nel 1990, appena ventenne, con il singolo Vision of Love e l'omonimo album di debutto e sorretta dal suo mentore, patron della Sony Music Entertainment, Tony Mottola, la Carey sbaragliò letteralmente i "botteghini" discografici - soprattutto statunitensi - dei Nineties, sfornando una lunga sfilza di hits, quali Hero, One Sweet Day, My All, Dreamlover, Heartbreaker e Fantasy, oltre a regalare all'industria del merchandising natalizio e ai grandi magazzini l'album (Merry Christmas) e l'inno (All I Want For Christmas Is You) per antonomasia. Fallito il matrimonio con il talent scout Mottola e abbandonata la Columbia (etichetta sotto l'egida della Sony), Mariah cadde in un travolgente vortice di insuccessi (il film Glitter, la relativa colonna sonora e il successivo lavoro in studio Charmbracelet) e di crisi depressive che la relegarono negli androni più oscuri dello show biz internazionale sino alla resurrezione nel 2005 con The Emancipation of Mimi. Negli ultimi anni la signora Cannon (neo sposa di Nick) sembra aver di nuovo smarrito - pur non drasticamente - la verve dell'epoca aurea e della recente rinascita e ha proposto album come E=MC2 e Memoirs of an Imperfect Angel che poco hanno aggiunto alla già imbandita tavola dell'artista.

Se fino alla metà degli anni Novanta miss Carey faceva la spola fra l'anti Celine Dion e la Santa Claus in rosa, con l'avvicinarsi del divorzio da Mottola (e dalla Columbia), Mariah cercò di arricchire e ammodernare un repertorio che né si addentrava in profondità nella musica soft-black ma neanche rimaneva in stasi nello sgabuzzino delle simil-colonne sonore pop da kleenex sottobraccio. Daydream e Butterfly forgiarono l'attuale divetta R&B, l'emerita signora del contemporaneo Rhythm & Blues dalle suadenti e leggiadre corde vocali in piena sintonia con le tonalità da raffinato salotto. Butterfly, in particolar modo, è considerato dalla stessa autrice il personalissimo "magnum opus" della sua carriera, lavoro di autentica svolta, ponte fra il passato iper edulcorato delle ballatone orchestrali e il malizioso futuro hip hop.

La tracklist, in effetti, è impegnata della dialettica dolce-pepatino: Honey è un ottimo brano R&B dalle tenui fragranze elettoniche, My All assurge a ballatona degna erede delle progenitrici, mentre The Roof (Back In Time) e Fourth of July possiedono una notevole vibrazione soul moderna con vividi sentori retrò. Ancora, è percepibile la nostalgia teatral-malinconica 90s in Close My Eyes, Butterfly e Whenever You Call, quest'ultime in antitesi con l'acid jazz/house/lounge di Fly Away e il morbido hip-hop di Breakdown.

Tengo a ripetere che miss Mariah non mi è particolarmente simpatica (giudizio opinabile, comunque) e il suo vasto curriculum, benché fondamento del pop degli ultimi decenni, difficilmente mi ha destato significativo interesse, se non per qualche singolino qua e là (It's Like That, We Belong Together, Obsessed, Get Your Number...). Eppure, ascoltando questa importante produzione, cuore dell'intera discografia di Mimi, l'indifferenza verso l'altezzosa "bambolona", l'inguaribile e intoccabile divaccia extralusso, si è un po' smorzata in un timido sentore di curiosità. Eccovi, dunque, un buon lavoro soft-romantico-leggero-rilassante quanto basta, da sentire magari nelle ultime malinconiche giornate estive di vacanze finite, incombenti ritorni in ufficio e visioni di un autunno grigio e nebbioso, prima di iniziare a canticchiare, panettone in mano e occhi rivolti al cielo stellato, le gioiose note di All I Want For Christmas Is You.

Mariah Carey, Butterfly

Honey - Butterfly - My All - The Roof (Back In Time) - Fourth of July - Breakdown - Babydoll - Close My Eyes - Whenever You Call - Fly Away (Butterfly Reprise) - The Beautiful Ones - Outside.

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