Possibile che le charts di fine anno siano, ormai, territorio da frequentatori di case di riposo?

Parliamone.

Roba di lasciti testamentari ed ultime parole da tramandare ai posteri, puzzo di incenso ed asettico linguaggio notarile.

La Morte, si sa, vende bene. Fa hype, solletica il vilipendulo ma non ti fa sentire un guardone. Anzi, può sembrare persino un dovere il presenziare compìto, l’assistere premuroso, la condivisione del lutto.

Certo, la dolce Marianna su quel filo sottile steso tra la vita e la morte ci ha pur camminato per tutta la vita.

Fin da quando, dolce ninfetta, a metà anni sessanta sussurrava, fra l’innocente ed il lascivo quella “As Tears Goes By” che doveva fare di lei il sogno d’amore di schiere di giovani e sani virgulti di terra d’Albione.

Ruolo che le venne strappato via un bel giorno da una retata della polizia. Cercavano la “roba” di quei drogati degli Stones, ed invece si trovarono d’avanti il buon Mick intento a mangiare una tavoletta di cioccolata gentilmente offertagli dalla Marianna.

Il che non avrebbe nulla di strano se non fosse per il posto dove stava conficcata la suddetta tavoletta.

Certo, adesso diventa difficile recitare il ruolo della “ragazza della porta accanto”.

La Marianna, poi ci mette del suo: sesso, droga, tentato suicidio, alcool, oscurità e follia. Non per niente nelle vene della signorina scorre il sangue dei Von Sacher-Masoch.

Bruciata definitivamente la maschera da dolce Lolita, dagli abissi riemerge un angelo della notte dalla voce di carbone. Una specie di Tom Waits in gonnella tanto a suo agio con il repertorio brechtiano che con le ballate elettriche soffuse di straniante psichedelia.

Ed è pure una splendida attrice.

Così eccola qui che, a più di settant’anni suonati ti tira fuori un disco come questo “Negative Capability”, dove tutto sembra al posto giusto: dai nomi coinvolti (si va da Nick Cave che, se si parla di Morte sembra quasi naturale che debba venir fuori, a Mark Lanegan da Ed Harcourt,che firma ben cinque pezzi, a Warren Ellis), al mood notturno ed enfatico al punto giusto, ma sempre con quel distacco, quell’aplomb da gran signora della buona borghesia, con quel quarto di nobiltà che neppure il fango del lato oscuro della strada ha potuto toglierle di dosso.

E, magari, è proprio questo il problema.

Perché, vedi, l’aplomb da gran dama, lo stile da signora bene non fa sesso. Per questo – alla fine – Marianna non è mai stata una Nico o una Janis Joplin e neppure un Tom Waits. Avrebbe dovuto spettinarsi, tirare fuori le viscere, dare tutto in pasto al daimon dell’Arte.

E invece no, si è tenuta qualcosa per sé stessa. Ed ha fatto pure bene.

Così, ad un primo ascolto, questo può sembrare un disco di atmosfere soffuse, di gran mestiere, autocelebrativo ed enfatico il giusto, pettinato, quel tipo di roba che, al momento giusto, ti fa fare pure bella figura.

E invece no.

Quando la Marianna ti intona, con la voce che sembra sempre lì lì per incrinarsi, una “In My Own Particular Way” orgogliosa confessione di aver vissuto o, meglio ancora, quando – di nuovo, per l’ennesima volta – ci ripropone la “sua” “As Tears Goes By”, ma stavolta carica di una consapevolezza e di uno struggente senso di “avrebbe potuto essere” o ci regala l’elegia dolorosa di una “No Moon In Paris” o, ancora, increspa di elettricità quella “They Came at Night” condivisa con quell’altra anima scura di Mark Lanegan, ecco, allora ti accorgi che, in controluce, un po’ di viscere si vedono.

E ti ricordi che quello è stato (ed è) il corpo di Lilith il Demone di Kenneth Anger, che quelle sono le mani di Irina Palm, che quella è la voce di sorella morfina.

Il tutto reso più vero e fragile dalla consapevolezza che il viaggio sta per finire, dalla presenza della malattia.

Per me è il suo capolavoro.

Direi che è un disco che cresce di ascolto in ascolto, se gli dei delle zone limitrofe non mi avessero reso figlio di un orecchio minore. Per cui, purtroppo, posso solo andare a memoria.

Ma tu ascoltalo, non fidarti di me che con la signorina Marianna non so essere obiettivo.

Non posso.

Non foss’altro che perché mi ha reso, per sempre, la cioccolata più gustosa.

….E in te beltà rivive, / L’aurea beltade ond’ebbero

Ristoro unico a’ mali/Le nate a vaneggiar menti mortali….

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