Fu amata da Brian Jones e da Keith Richards. Per non parlare di Mick Jagger. Basterebbe solo questo per descrivere quanta carisma e personalità abbia questa donna. Basterebbe solo questo per spiegare perché io stesso ne sia così tanto affascinato. Voglio dire, del resto ho poc'anzi menzionato tre delle più grandi rockstar di tutti i tempi, i fondatori di quella che è la più grande rock band di tutti i tempi e se è vero che l'amore per un artista o una band può divenire idolatria e in molti casi perversione (andiamo, chi tra noi in fondo non vorrebbe farsi Keef o Mick, se ne avesse l'occasione), in fondo potreste persino allora provare un po' di invidia nei suoi confronti. Ma questo è nulla, se paragonato alle sue grandi qualità come cantante, scrittrice di canzoni e anche come attrice e per il suolo ruolo all'interno della cultura popolare del Regno Unito e di tutta l'Europa. Ovviamente infatti Marianne Faithfull è stata, era molto più che una semplice 'groupie'. Emersa in quella scena che fu definita la 'Swinging London', divenne molto conosciuta chiaramente soprattutto per la vicinanza ai Rolling Stones e poi per la lunga e pubblicizzata relazione con Mick Jagger, fu un punto di riferimento per molte giovani donne in quel periodo, l'ultimo in cui probabilmente il Regno Unito ha in qualche modo veramente dettato le regole per quello che era un rinnovamento delle idee sociali e culturali. Da questo punto di vista, una specie di canto del cigno per tutto il regno britannico e i suoi possedimenti d'oltremare.

Marianne continuò a essere una figura molto popolare anche nel decennio successivo, questo nonostante il fatto da allora per lei siano sorti tutta una serie di gravosi problemi: la dipendenza da eroina e in generale il consumo di droghe, l'anoressia nervosa e il continuo vagabondare da una parte all'altra, fino al momento in cui le fu tolta la custodia del figlio e l'arresto in Norvegia per possesso illegale di marijuana. Ma, come detto, nonostante tutte le difficoltà, il suo stile e la sua forte personalità continuarono a essere considerate e alla fine di quel decennio pubblicò un disco, 'Broken English', che personalmente considero un capolavoro (un fondamentale) e che anticipa nell'estetica e nei suoni alcuni elementi del movimento new wave che sarebbe di lì a poco esploso in tutto il mondo. Un disco prodotto da Mark Miller Mundy e registrato con l'assistenza del musicista Barry Reynolds e in cui Marianne reinventa completamente se stessa nel ruolo della chanteuse decadente e inspirandosi a una grande come Marlene Dietrich, adotta quello stile e estetica tipica del cabaret espressionista diffusosi in quel fiorire di arti e scienze durante gli anni trenta nella Repubblica di Weimar e poi in tutto il resto del mondo.

Inutile continuare a parlare di quelli che sono stati tutti i suoi lavori e le diverse collaborazioni nel corso degli anni. Non ce n'è bisogno, così come è superfluo aggiungere il fatto che alcuni episodi della sua discografia siano sicuramente trascurabili e se a questo punto e se questa invece che una recensione vera e proprio potrebbe invece apparire un elogio della figura artistica di Marianne, posso dire che in questo caso specifico, tra le due cose non c'è poi così tanta differenza. 'No Exit' (uscito lo scorso sette ottobre) è un live album e di conseguenza qualche cosa cui molti si disinteressano a prescindere o che comunque considerano una fase di un processo discografico volto semplicemente a fare un po' di soldi (come i 'best of' del resto). In via generale posso dire di pensarla allo stesso modo, voglio dire, non è qualche cosa che mi attrae in maniera particolare, eppure, ascoltando questo disco ci ho trovato dei contenuti interessanti.

Pubblicato in occasione del suo cinquantesimo (!) anniversario come cantante e songwriter, l'album raccoglie le migliori live perfoamances registrate durante il suo ultimo tour europeo ed è accompagnato tra l'altro anche da un DVD del suo concerto a Budapest nel 2014 e di quattro canzoni tratte dal concerto tenuto alla Roundhouse di Londra nel 2016, dove viene accompagnata da grande musicisti come Rob Ellis (che poi sarebbe anche il suo produttore), Jonny Bridgewood, Ed Harcourt e Rob Mcvey. Ma, tanto per ribadire il concetto che ognuno c'ha le sue preferenze, per quanto mi riguarda non riesco proprio a mandare giù il fatto di guardare dei concerti alla televisione, di conseguenza non ho nessun commento da fare per quello che riguarda il DVD. E questo semplicemente perché non l'ho visto e non credo proprio che lo vedrò. Da quello che ho letto in giro, sarebbe comunque meritevole di attenzione e anche per le suggestive location. In particolare quella di Budapest.

La maggior parte delle canzoni sono per forza di cose tratte dal suo ultimo album in studio, 'Give My Love To London', un buon disco e nel quale Marianne ha collaborato con un gran numero di ottimi artisti del calibro di Nick Cave, Anna Calvi, Roger Waters, Brian Eno (tra gli altri). 'No Exit', più che essere un 'best of' vero e proprio, è una vera e propria occasione per ammirare e ascoltare in una dimensione intensa come quella live le grandi capacità interpretative di questa grandissima vocalist e di conseguenza l'opportunità di ascoltare versioni rinnovate di classici come, 'The Ballad of Lucky Jordan', 'As Tears Go By' and 'Sister Morphine', a mio parere (ma come potrebbe essere altrimenti) il migliore momento del disco con 'Late Victorian Holocaust) (la canzone scritta in collaborazione con Nick Cave) e 'Sparrow Will Sing'.

A partire da una delle artisti simbolo della no-wave come Lydia Lunch a cantanti e artisti del genere new wave e post-punk come Siouxsie e Anita Lane fino a Polly Jean Harvey e Josephine Foster o cantanti e songwriter 'indie' come Anna Calvi, tutte queste hanno considerato Marianne Faithfull come un punto di riferimento e una fonte di ispirazione, questo sia sul piano puramente stilistico e per quella che è la sua personalità forte e libera e indipendente, e ovviamente per il suo particolare stile espressivo e le caratteristiche indistinguibili del suo timbro vocale. Se vi piacciono artisti come Nick Cave oppure Tom Waits, alcuni episodi 'espressionisti' più o meno riusciti della discografia di Lou Reed oppure dello stesso Iggy Pop (per citare i nomi più celebri), non potrete (ove non conosciate già Marianne Faithfull) che apprezzare questa artista o in ogni caso amare 'No Exit' per queste intense performance live, una cosa che in virtù dell'enfasi particolare delle sue interpretrazioni in questa specifica occasione costituisce un punto di forza del disco.

Come considerazione finale potrei dire che trovo in qualche maniera 'ingiustificato' che oggi Marianne Faithfull non sia generalmente considerata quanto altre grande stelle del mondo della musica che abbiano cominciato a brillare nel ventennio tra gli anni sessanta e gli anni settanta. Questp forse succede a causa dei tanti problemi che periodicamente la hanno allontanato dalle scene o probabilmente perché per molti viene superficialmente considerata come semplicemente una delle tante ragazze di Mick Jagger. Ho parlato di lei come un punto di riferimento per una intera generazione di donne, e di giovani donne in particolare, e di quella che è diventata un'icona per questioni come l'emancipazione sessuale e l'indipendenza delle donne, ma effettivamente questa definizione non descrive completamente quello che poi sarebbe veramente Marianne Faithfull, cioè una ragazza e poi una donna che attraverso gli anni e veramente tante difficoltà, ha alla fine raggiunto un compromesso con se stessa e con quelli che sono i suoi demoni. In questo modo ha superato quella che è la semplice definizione di 'icona', qualche che poi in generale non descrive tutte le qualità di una persona riducendola a mero modello, nel senso proprio strutturale, quasi una specie di 'plastico' di dimensioni e forme umane. Be', direi che questa ultima descrizione non si addice affatto a questa donna così forte e sensibile allo stesso tempo.

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