Era più di un anno che questo vino era in cantina. I membri della band su tutti Hogarth e Rothery, nel mentre dei loro tour solistici, più volte avevano lasciato commenti e foto dalla sala d'incisione: Marillion erano al lavoro per il nuovo album e come consuetudine, ciò era la pillola per attirare l'attenzione ed il sostegno nella produzione dell'opera da parte dei fan, ovvero il loro grandissimo punto di forza negli ultimi making fuori major. Devo dire che la band in questi anni ha saputo creare diversi album interessantissimi e godibili, alla faccia dei detrattori dell'era Hogarth e non nego, che le aspettative per Fear, abbreviazione di "Fuck everyone and Run", erano alte. È così dopo averlo comprato mi sono preparato per benino.....pronto a sorseggiare l'ultimo vinello della band inglese. Che dire? Sulle prime si resta un pò così, mi era già successo ed assai per carità, però qui il lungo ascolto prima o poi merita una sorta di goduria, di appagamento. Ebbene, prima di averne....ho dovuto sorseggiare molto e molto. La scaletta nominalmente si compone di 6 brani, 3 suite (El Dorado, The Leavers, The New Kings) e tre canzoni tradizionali (Living in Fear, White Paper e la conclusiva Tomorrow's New Country), pertanto un odorino di prog e qualche bel ricordo delle tracklist dei Pink Floyd anni '70. Purtroppo però il disco non regala ciò che appare o che mostra......va spolpato a lungo e con molta speranza ed alla fine ci trovi molta più architettura (rimanendo in metafore Floyd) di un Final Cut.....che di un Wish You Were Here. Non so se ho reso, magari forse pure eccendendo nei raffronti, ma è per stendere il contrasto tra aspettative, indizi e realtà d'ascolto. Il disco è ben cantato, pulito, pregievolmente inciso e per quel che si chiede ai musicisti nei brani, anche suonato, tuttavia si passano tanti tanti minuti ad aspettare il cambio ritmo, il decollo....l'assolo di Rothery che con quattro note ben piazzate ti fa venir voglia di metter replay sulla traccia e di alzare il volume. Era accaduto spesso con il notevolissimo Marbles in edizione doppia (con cui Fear vuol condividere l'incipit), tuttavia di questi momenti sia nelle suite che nei brani singoli Fear ne regala pochi, in quanto si regge su una liricità predominante, sui testi introspettivi, sulle sinfonie di tastiera e piano di H e di Kelly, in cui anche la chitarra del buon Steven si lascia assecondare e su ritmi di una lunga enorme ballad, con qualche intermezzo....ve ne fossero stati ben più il disco per me sarebbe stato molto migliore. Anche il titolo nella sua interezza Fuck Everyone and Run....benché possa sembrare incazzato, non lo è nelle intenzioni.....a detta dello stesso Hogarth è pronunciato con la tenerezza, la tristezza ed un senso di scoraggiamento verso una società (inglese ma non solo direi) che vive sempre più chiusa ed alienata negli egoismi. Ci sono stati ascolti più facili, altri più piacevoli ed appaganti, questo però è un buon disco, merita obbligatoriamente diversi ascolti e che le sue liriche vengano assorbite, per essere apprezzato al meglio.

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