Sicuramente "Radiation" è un album che si differenzia abbastanza dai precedenti lavori di questa band, i Marillion nel corso degli anni hanno sempre saputo rinnovarsi, presentando dischi interessanti e degni di nota, aperti alla sperimentazione, e conservando sempre quel tocco di originalità che hanno reso i Marillion una delle band più importanti e seguite in ambito Neoprogressive, un'originalità che secondo il mio punto di vista, hanno acquistato con l'entrata di Steve Hogarth nella band, dove debutta con "Seasons End", un disco che già in parte si allontana molto dai Marillion con Fish, quest'ultimi influenzati chiaramente dalla musica dei Genesis, e non solo, anche la voce di Fish sembra somigliare alla voce calda e diretta di Peter Gabriel. Ad onor del vero però, c'è anche da dire che i primi Marillion con Fish, hanno pubblicato dischi che sono rimasti nel cuore di molti fan, come "Misplaced Childhood" pietra miliare del progressive, in cui il singolo "Kayleigh" ebbe un grande successo in tutto il mondo. Dopo "Clutching at Straws" ultimo album con il cantante Fish, il successivo "Seasons End" alzò un ponte tra i nuovi e i vecchi Marillion, fino ad arrivare a "Holidays in Eden", in cui la band sfodera un sound più orecchiabile rispetto ai lavori precedenti, questo cambio di direzione però, lascia il sapore amaro ai fan più legati al vecchio stile musicale della band, nonostante "Holidays in Eden" sia senza dubbio un grande album. Il successivo "Brave" invece, è considerato dalla critica generale, il primo grande capolavoro dell'era Hogarth, mentre i successivi dischi come "Afraid of Sunlight" e "This Strange Engine" ancora una volta prendono una strada diversa, una strada ricca di spunti, dove le creatività e la voglia di rinnovarsi della band, non viene mai a mancare, causando però il malcontento di alcuni fan che non gradirono molto questi cambi di direzioni, che però sono importanti per una band aperta allo sperimentalismo.
"Radiation" è l'ennesima svolta per i Marillion, un album buono, interessante, dove le chitarre e l'approcio vocale assumono in questo disco un ruolo primario e fondamentale in tutti i brani. L'apertura dell'album è affidata al brano "Costa Del Slough" che disorienta subito l'ascoltatore, con un sound confuso, incerto, e frammentario, che sembra alludere nei primi secondi all'intero disco. Segue "Under The Sun", un brano molto solare e con un bel ritornello, ottimi i riff e gli assoli di Steve Rothery, alla fine del brano il bassista Peter Trewavas pronuncia la seguente frase: "Grazie a Dio non lo facciamo sul palco, eh?"
Conclude Steve Rothery che esclama:"Buona sera Amsterdam".
Lasciamolo nel dubbio Rothery, mentre sopraggiunge "The Answering Machine", terzo brano di questo disco, spensierato e coinvolgente, che viene accompagnato dalla chitarra acustica di Steve Rothery. La quarta traccia dell'album "Three Minute Boy" è una canzone molto delicata, ottima l'interpretazione vocale di Steve Hogarth, altrettanto delicata è la successiva "Now She'll Never Know" addolcita dalla tastiera di Mark Kelly, un brano molto dolce ma nello stesso tempo anche triste, come dimostra il testo musicale:
Now she'll Never know
What anyone could tell her
Now she'll never know
What anyone can see
Now she won't believe me
Ever again, completely
Now she'll never know
Or ever dream
How much she means to me
Il singolo dell'album invece, è "These Chains" dove esiste anche un video musicale del brano, segue "Born To Run" un brano blues dall'andamento abbastanza lento, accompagnato dalla batteria di Ian Mosley, ottimo anche qui Steve Rothery con la sua chitarra che rilassa l'atmosfera del brano, una canzone dai toni freddi, ma molto toccante. L'ottava traccia "Cathedral Wall" abbandona un pò i ritmi musicali sdolcinati dei precedenti brani, è diventa molto più frenetica come traccia dell'album, che insieme a brani come "Under The Sun" e "The Answering Machine" sono i brani più solari del disco. Il brano chiude con il seguente verso [These chains are all your own...], che richiama nuovamente il brano "These Chains", dove questo verso è contenuto. Esiste anche una (bonus track), si tratta di "A Few Words For The Dead" che sarebbe il brano più lungo del disco. Come sonorità quest'ultimo brano si differenzia molto dai brani ascoltati fino ad ora, specialmente nelle prime battute, dove il brano sembra influenzato da un sound orientale, o almeno questa è la mia impressione, per poi diventare un brano più accesso e potente man mano che la canzone scorre.
Tutto questo è "Radiation", magari un disco non facile da comprendere subito al primo ascolto, e non facile da spiegare a parole, poichè essendo un album abbastanza sfumato oltre che diverso dai precedenti album dei Marillion, può piacere e non piacere, dipende dai gusti delle persone e dai punti di vista ovviamente, personalmente mi ha fatto una buonissima impressione, ed ho imparato ad apprezzarlo sempre di più, ad ogni ascolto. Non sarà il capolavoro dei Marillion, che arriverà anni dopo con Marbles, ma senza dubbio è un album molto discreto. La durata dei brani, non supera i sei minuti, fatta eccezione per "Cathedral Wall" e "A Few Words For The Dead" che durano alcuni minuti di più. I Marillion hanno pubblicano "Radiation", come un album incondizionato dalla quella che poi sarà la critica dei fan, seguento piuttosto il proprio istinto come è giusto che sia, cercando anche di non ripetersi musicalmente, ai lavori precedenti.
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