Il reverendo è tornato. Ma non fa più paura a nessuno.

Se questo fosse stato il disco d'esordio di Brian Warner (M.M.) di sicuro il voto non sarebbe quello misero riportato qui sotto.
Purtroppo, dal giorno del suo esordio musicale di acqua sotto i ponti ne è passata fin troppa (5 album) ma la sua musica si è evoluta poco o niente, finendo per annoiare se non addirittura far sorridere, come qualcosa di grottesco.
Peccato, perché il suo stile era nato come un giusto mix tra l'hard rock (Antichrist Superstar), l'elettronica aggressiva (Mechanical Animals), la canzoncina pop da T.R.L. e sospiri sensuali che esplodevano in urli spaventosi contro Dio, la società, la "famiglia-tipo americana" ecc. Insomma c'era di che stare allegri...

Tutto questo escludendo opinioni personali, critiche efferate, proteste ecclesiastiche, sul personaggio Marilyn Manson (cha non voglio affrontare minimamente).
Poi la parabola discendente. Inevitabilmente.

Su "The Golden Age Of Grotesque" c'è veramente poco da dire: frasi piene di parolacce sussurrate accompagnate da chitarre potentissime sovraincise all'infinito, che suonano al solito ritmo di tarantella pugliese (mOBSCENE, così come fu per Rock Is Dead, o per The Fight Song, o per Indisposable Teens, la lista sarebbe davvero lunga…).
Le sonorità elettroniche sono interessanti, il suono curatissimo come al solito (intro di "This Is The New Shit" ad esempio), ma al secondo o terzo ascolto danno sempre l’impressione del "già-sentito-altrove".

È un disco perfetto per qualche film d'azione, dove macchine scure sfrecciano potenti di notte per le strade di qualche Gotham City violenta, ma proprio tutto lì.
A metà disco le orecchie chiedono asilo politico al cervello.
Spegnete il lettore o mettete su Bach.

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