Marina Rei mi è sempre stata simpatica, al di là dei suoi lavori musicali discutibili e non. Forse per la sua passione per le percussioni, forse per la sua particolare voce... non so. Fatto sta che fino a un pò di tempo fa non avevo mai approfondito l'artista, anzi pensavo fosse scomparsa. Poi vengo a sapere dell'uscita di un nuovo album, una raccolta di brani rivisitati. Spinto dalla curiosità mi presto all'ascolto del lavoro e ne rimango piacevolmente colpito.
In "Al Di Là Di Questi Anni" Marina Rei si reinventa, ripercorre la sua carriera vestendo con altri abiti le sue più famose canzoni. Ed il nuovo look di questi pezzi è davvero ganzo. Il disco è registrato in presa diretta, cioè è una specie di live in studio. I nuovi arrangiamenti, curati da lei e da Anton Giulio Frulio, sono ottimi. Per me quest'album è puro Rock. Si vabbè non ci stanno chitarre overdriveggianti, bassi distorti o batterie caciarone, ma il rock non è solo questo. L'atmosfera è Rock. Il primo pezzo è "I Miei Complimenti", voce e musica leggere, quasi soavi, ed è qui che ritornano le percussioni, le origini della cantante. "Fammi Entrare" (presentata anche all'Ariston) è superlativa, intro di piano che si intreccia con rumori di feedback di chitarra elettrica, poi parte il cantato, gli archi ed è un crescendo di inquietudine (come in altri brani), con le percussioni inizia un pianto a dirotto, un pathos indescrivibile. Ottima esecuzione. "Inaspettatamente" inizia con un tempo ben ritmato dai tamburi, dalla chitarra e dal piano, con incursioni del violino. E' un brano a tinte scure, con un finale psichedelico reso efficace anche grazie a dei giochi di archi, percussioni e chitarre elettriche.
Con "Al Di Là Di Questi Anni" ritorna un suono più giocoso e sereno. Con questo brano Marina viaggia a ritroso fino al suo primo album. "Un Inverno Da Baciare" è strepitosa. La versione originale aveva una buona idea di partenza, ma l'arrangiamento non rendeva giustizia al brano. Anche qui c'è un gioco di crescendi. L'inizio fa respirare inquietudine, le percussioni arrivano dritte al cuore, soprattutto nel primo ritornello, dove s'impongono con un ritmo aggressivo e rapido. Il finale è un vulcano che sta per eruttare, è la personificazione della disperazione, "Non Ho Più Paura", un canto gelido, quasi urlato, ripetuto, un'ansia indescrivibile, il mare che ingoia tutto, il cielo che cade, la terra trema. Forse la rivisitazione più riuscita. Marina Rei rende omaggio anche agli Afterhours, rifacendo "Quello Che Non C'è". Questa versione non ha bisogno di commenti, va ascoltata e basta. Come il resto dell'album, 13 vecchi successi più una cover, riarrangiate, reinterpretate, rinvigorite da nuovo pathos, da nuova gioia o malinconia.
Un disco senz'altro sperimentale, un viaggio nel tempo da compiere assolutamente.
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