E' una sensazione di vuoto, interiore o esteriore, quella che provo quando penso alla figura di un giovane Mario Rigoni Stern difronte al lingotto, che aspetta l'uscita di suo zio.
Si era nel 1942, e durante la licenza, la sera, Rigoni Stern andava ad attendere l'uscita di suo Zio, che faceva la guardia giurata al Lingotto.
Io, al lingotto ci sono stato ieri, e mi rivedo, mezzo rintronato dopo la full immersion libresca (ma ammetto che  basta poco per rintronarmi), con il passo accellerato lungo l'interminabile perimetro dello stabilimento per raggiungere la navetta.
Quella che provo è una sensazione di vuoto, che ricorda gli incontri casuali, e sembra una bolla d'ossigeno che risale dal profondo del mare ed esplode una volta in superfice: senza suono o altro, come se non fosse mai esistita.

Deve averla provata anche Mario Rigoni Stern, dopo la sua esperienza bellica e umana, dopo essere tornato a piedi dalla Russia, dopo la guerra e il lager.
La sensazione di qualcosa che dovrebbe essere lapalissiano ma così non è stato: attirare l'attenzione delle persone e denunciare tutta la sua immotivata violenza.
Forse gli avrà fatto domandare: perchè a me e non a qualcun'altro? Che senso ha che qualcosa di così tragico sia successo a me, ai miei coetanei, persone con le mie stesse speranze  e angoscie?
Perchè tutto ciò è  accaduto senza lasciare un suono, come se fosse una consuetudine?
Soprattutto perchè a me non è stato dato il diritto di un'esistenza comune, vagamente superficiale, dove tutto il mio corpo è teso all'unico fine di raggiungere una navetta dopo una giornata  a gironzolare?
E non invece dover rendersi conto che la guerra verso cui si sta per partire non sarà "nulla": non un'"esperienza" o un avventura e tutto ciò che sà auguarti tuo zio è di Tornare.

Per fortuna mia, e di chi leggerà "L'Ultima Partita A Carte", il Mario Rigoni Stern narratore non è tanto retorico quanto lo sono io.
Riesce a raccontare la sua vicenda, partendo dall'infanzia in montagna, fino agli snodi cruciali della sua esistenza che hanno coinciso con quelli del secondo conflitto mondiale, senza mai cadere nella retorica o peggio in fredde ideologie politiche.
Con voce intensa e piena di pietà racconta gli episodi della sua vita intervallandoli a brevi paragrafi che riportano dati di carattere storico. C'è il battaglione sciatori Monte Cervino, la guerra D'Albania, il Don, la sacca.
E gli orrori della guerra emergono come i corpi denudati e morti   durante il disgelo nella campagna russa, dei quali Rigoni è stato incredulo testimone.

Il libro, pubblicato da Einaudi nel 2003, cinque anni prima della scomparsa di Rigoni Stern, riesce ad essere esauriente pur nella sua brevità.
Amplia e aggiunge riflessioni a quanto già raccontato nel più celebre "Il Sergente Nella Neve" o "Quota Albania".
Un libro narrato con semplicità, ma non superficialità, illuminata dall'integra umanità di Mario Rigoni Stern.

Se "Il Sergente Nella Neve" è il dipinto allora "L'Ultima Partita A Carte" ne è  la cornice.

"Perchè l'ho fatto? Non certo con la presunzione che il mio scritto venisse stampato e letto. Mi sembrò necessario, allora, e urgente, dovermi liberare da qualcosa che avevo dentro, e realizzare tutto in parole con vocali e consonanti".
-Dall'introduzione della prima edizione de "Il Sergente Nella Neve"

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