Nel 2022 questa opera è stata battuta all'asta da Sothebie's (Londra) andando a superare il milione di euro.

Le valutazioni delle opere degli anni sessanta del compianto Mario Schifano hanno raggiunto valutazioni da capogiro. Il mercato di questo artista è in continuo fermento. Tra alti e bassi, da quando ha cominciato a esporre, a Roma, ancora ventenne, la gente si contende le sue opere.

Il quadro in questione, Tempo Moderno, del 1962, ha una natura in apparenza essenziale. Due cromatismi. Due forme. Su uno sfondo beige di cartone. Questo percepisce l'occhio. Ma a guardare da vicino si scorgono evidenti sgocciolature. No, non sono un errore dettato dalla fretta.

Per capire questo lavoro occorre fare un passo indietro. In quegli anni gli artisti si erano sbizzarriti in forme di espressione senza precedenti, esperimenti di ogni tipo, collage, bruciature, inscatolamenti, geometrie, estroflessioni, tagli, merda, sangue e tanto tanto altro. Folle? Forse.

In Francia (I monocromi blu di Klein, anni 50, hanno fatto storia), come negli Stati Uniti, nasceva la necessità di un ritorno all'essenziale, non solo nel colore, ma anche nella forma. Oltreoceano spopolava Wahrol, capace di arrivare a chiunque con bruciante immediatezza e, diventare immortale. Questi due artisti non sono citati a caso, sono stati fonte di ispirazione per Schifano che assorbiva il messaggio, lo faceva suo e lo portava avanti.

Cromatismi primari, forme primarie, istinto nella pennellata. "Qua bisogna azzerare tutto" aveva detto Schifano a un collega, influenzato dalle correnti artistiche internazionali, appena ventenne, mentre ragionava sul da farsi. Vennero realizzati così diversi monocromi, forme geometriche appena accennate, quasi un ritorno alle origini del gesto, alla purezza del bambino che va a scoprire elementi base della creazione.

Il gesto non è più intrappolato dalla lentezza, nasce da un esigenza imminente e immediata, dal pensiero alla tela nel minor tempo possibile. Certo occorre entrare nella sensibilità dell'artista alle sue inquietudini.

Oppure basterebbe avvicinarsi a un capolavoro che piace tanto a voi, mettere il naso sulla tela e scoprire che state vedendo solo un colore o una forma appena accennata. Esatto. L'opera di Mario in un certo senso esce dalla tela e si avvicina al vostro sguardo, non serve siate voi a spostarvi. È il dettaglio di qualcosa di molto più grande. Ma cosa? Lo sapete bene che il colore (ma anche la forma) detta legge nel marketing.

Schifano ti costringe a pensare al tempo e allo spazio. Sfugge alla bellezza, non gli occorre, è più interessato alle percezioni originarie, agli istinti, proprio in risposta ai deliri di quell'arte capace di mettersi di continuo in discussione, rispondere a se stessa, impennarsi e afflosciarsi, disgustare e indignare, confondere e far sorridere. Sfugge all'artigianato, diventa come un bambino che vuole provare tutto. Non si può capire Mario con una sola opera, occorre una consistente visione di insieme, senza la quale, non si arriva al punto.

Carico i commenti...  con calma