È bello sapere che esistono ancora delle canzoni che sono in grado di evocare emozioni e sensazioni senza aver bisogno di strafare; è bello quando sono sufficienti poche note e parole accorte per farti già sentire in un altro posto, magari non lontanissimo da quello in cui ti trovi, ma comunque diverso.

Mario Venuti, con questo suo ultimo lavoro “Magneti”, riesce proprio in quest’impresa; i testi delle canzoni sono ricercati quanto basta, mai pretenziosi, le melodie sono semplici ma non scontate. Certo si tratta sempre di un onesto album pop, ma è pop d’autore, di quello che è sempre più raro trovare nel panorama italiano di oggi.
Il lavoro si apre con “È stato un attimo”, brano trasmesso molto spesso dalle radio in questo periodo, uno di quei pochi pezzi che anche essendo orecchiabile non ti stanca dopo 3 ascolti. È proprio questa la caratteristica fondamentale di questo lavoro: i brani sono dotati di una grande freschezza ma allo stesso tempo di una grande qualità, e ciò rende possibile un ascolto disimpegnato ma nel contempo non scontato.

Sia i testi che le musiche sorprendono ad ogni ascolto; tutti i temi vengono trattati con grande stile e soprattutto con cognizione di causa, cosa molto rara al giorno d’oggi. Gli altri singoli estratti dall’album sono “Qualcosa brucia ancora” e la sanremese “Un altro posto nel mondo”, il primo con un testo semplice e diretto ma che conserva come al solito una gran classe, il secondo è una delle poche perle regalate dalle kermesse festivaliera negli ultimo anni.
Ma anche tutti gli altri pezzi dell’ album sono degni di nota e meritano più di un ascolto perché caratterizzati da un grande potere evocativo; con “Anni selvaggi”, “Santa Maria la Guardia” e “Sulu” ci si sente in un attimo trasportati in Sicilia, la terra di origine di Mario Venuti, alla quale il cantautore è molto legato. “Addio alle armi”, “Malintesi” e “Magneti” sono ancora pezzi di gran classe ma allo stesso tempo piacevoli e divertenti sulla falsariga dei singoli già estratti e in “Il mondo in bianco e nero” il potere evocativo del cantautore siciliano si estende anche al tempo oltre che allo spazio.

È comunque il pezzo il pezzo di chiusura ”Open Space” a riservare la sorpresa più piacevole, con un testo originale nel quale architettura e esistenzialismo si fondono sempre in modo originale e non pedante e con una musica imprevedibile. Peccato che Mario Venuti sia ancora molto sottovalutato come artista mentre la musica italiana oggi avrebbe forse bisogno di più artisti così: artisti che non si riducono a copiare sé stessi (Ligabue, Tiromancino), artisti che non si sforzano di fare musica ricercata sacrificandone la naturalezza e la spontaneità (Consoli, Marlene Kuntz).

La musica avrebbe bisogno di sempre più artisti autentici e Mario Venuti è uno di questi.

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