Del tutto inatteso, come un raggio di sole dopo una settimana di pioggia incessante, ecco un nuovo disco di Marissa Nadler, contenente canzoni inedite, nuove, mai pubblicate prima d'ora.
'Bury Your Name' (Sacred Bones/Bella Union) segue il disco precedente, 'Strangers', praticamente di quattro/cinque mesi, anche se possiamo anche considerare quest'ultimo (anche se come vedremo la definizione non è del tutto esatta) una specie di appendice, perché le canzoni dei due dischi sono state registrate nello stesso periodo.
Se registrate nello stesso periodo, va comunque detto che il lavoro nei due casi è stato radicalmente differente. 'Strangers' è stato sicuramente un lavoro molto sofisticato e complesso e con un un importante processo di produzione alle spalle, guidato dal solito Randall Dunn (che oramai è un collaboratore fisso di marissa Nadler già dalla pubblicazione di 'July' nel 2014). Del resto era un disco anche molto atteso dal pubblico e dalla critica.
Nulla di tutto questo invece è valido per 'Bury Your Name'. Registrato nella sua casa di Boston, il disco è una collezione di otto canzoni originali, scritte e registrate in quella che forse è la situazione più confortevole e meno impegnativa possibile e nella solitudine del proprio appartamento. Originariamente pubblicato in una edizione limitata in formato cassetta con l'edizione deluxe di 'Strangers', in seguito si è deciso di farne un vero e proprio album. Del resto sarebbe sbagliato considerarlo un EP: il disco contiene otto canzoni, che non sono poche, ma ancora più che questo, ha una propria identità e una propria dignità, caratteristiche che conferiscono a questo lavoro di essere considerato un LP autonomo e non una specie di piccola parentesi nella discografia di questa cantautrice.
Scrissi, riguardo a 'Strangers', che questo disco era stato un'occasione per Marissa di reinventare se stessa e il suo modo di scrivere le canzoni, adoperando un processo doloroso di definizione di se stessa attraverso gli altri e che questa maniera paritcolare di scrivere, era allo stesso tempo un invito agli ascoltatori di fare lo stesso attraverso l'ascolto delle sue canzoni. Si trattava di un album tanto bello quanto complicato e scritto in una maniera concettuale e che non prevedeva uno scopo che possiamo definire 'finale', ma che lasciava una porta aperta a sviluppi futuri, perché del resto non c'è mai fine in quello che is può definire un gioco di specchi. Cosa che significa che questo processo non ha e non deve mai avere termine, così come del resto è sempre possibile accrescere se stessi, migliorarsi e anche nella considerazione del contesto in cui siamo e delle persone che ci circondano.
Anche considerando che ci sono le tipiche atmosfere dark e soffici, quiete che erano comuni anche in 'Strangers' (come del resto in tutte le altre sue produzioni), questo nuovo disco ha dei contenuti differenti. Le canzoni sono diverse, molto diverse da quelle di 'Strangers' e questo è in qualche modo sia interessante, quanto inevitabile, considerando le due differenti modalità di registrazione e quelli che erano gli obiettivi finali dell'artista.
Non parliamo esattamente di un processo di separazione. A scrivere le canzoni e cantare è sempre la stessa persona, ma Marissa Nadler dimostra di avere un grado di consapevolezza capace di riuscire a scindere quello che vuole esprimere di volta in volta e i due dischi non mostrano due parti diverse della sua personalità, ma due bisogni differenti.
'Bury Your Name' contiene otto canzoni folk acustiche in cui Marissa Nadler assume il ruolo della narratrice. Come se stesse confessando se stessa e poi confidandosi ai suoi ascoltatori, racconta quelli che sono pezzi della sua esistenza e delle sue emozioni. Qualche volta e in qualche modo disperata e sofferente, 'Give Me Your Gun', altre persino pessimista, 'Pick Me Up Before I Die', nostalgica, I Remember The Touch Of Your Hands', 'The Best You Ever Had' e infine anche visionaria e sognante, 'Horsefly', 'Sleeping In The Afternoon'.
Nonostante ciò, il risultato che deriva dall'ascolto non è assolutamente una sensazione di perdita oppure di confusione. È come se lei stesse leggendo un diario e accompagna allora gli ascoltatori con la sua voce e la sua musica attraverso le sue emozioni con il suo stile come sempre elegante e affascinante. Non ci sono rimpianti tutto sommato in questo dischi. Solo quella tenera volontà di voler cullare se stessi in un mare soffice fatto di ricordi e di emozioni. Giusto un attimo, prima di svegliarsi, aprire gli occhi e buttarsi nell'unico tempo che conta veramente, quello presente.
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