“La sostenibile leggerezza del pop”.
Aspettate un attimo! Levate pure le mani dai capelli, bloccate il dito indice intento a colpire ripetutamente i tasti del mouse. Lo ammetto la frase d’apertura, può condurre fuori strada, ma credetemi non sto per recensire l’ennesima boy-band studiata a tavolino.
So benissimo cosa significa per noi regolari fruitori di musica alternativa la parola POP. Rabbrividiamo al solo pronunciarla, subito il nostro pensiero si rivolge a radio, televisioni e a quanto di più scadente esse ci propongono giornalmente. Ma che piaccia o no a noi sofisticati intenditori è a volte proprio la primordiale essenza del genere pop ad essere alla base di molti progetti indie che tanto apprezziamo e a spingere, tanto per fare un esempio, questi tre ragazzi, fuori dal genere emo di cui erano stati ottimi protagonisti, per rincorrere una composizione musicale semplice ed istintiva.
I Maritime nati dalle ceneri di Promise Ring e Dismemberment Plan, suonano sotto la stella ispiratrice di band come XTC e Smith (“James” tra i più chiari punti di contatto con Morrissey e soci), e se anche il loro sound mai vi stenderà per originalità di idee, questo non impedisce al trio di confezionare un debutto godibile.
“Sleep Around”, “Someone Has To Die” e “We’ve Got To Get Out” passano in rassegna gli anni ‘90 melodici, da Teenage Fanclub agli ultimi The Trills, canzoni che riaffioreranno nella vostra testa con i loro contagiosi ritornelli ogni qualvolta lo stress del vivere comune vi concederà una pausa.
“Glass Floor” potrebbe tranquillamente assestarsi su questi ritmi, finendo per essere la perfetta colonna sonora del sospirato week-end tutto sole e mare, ma per loro fortuna Maritime fugano ogni qualsiasi tentativo di cadere nello sbadiglio facile.
Ecco così piazzate a sorpresa tra un gioco d’anca ed uno yeah yeah, alcune ballate acustiche che mai hanno fatto male all’economia generale di qualsiasi album indie. ”The Window Is The Door” (ricorda molto il Badly Drawn Boy cinematografico), “A Night Like This” e l’intensa “King Of Doves” si promettono di far sorgere più di un dubbio nella testa di coloro i quali si erano frettolosamente impegnati ad etichettare il trio come l’ennesima noiosa cover band dei Beach Boys.
La musica pop è un pavimento in vetro, in troppi lo calpestano con la grazia di elefanti sprofondando nell’ignobile prodotto commerciale, i Maritime si limitano ad attraversarlo in punta di piedi finendo per farci trascorrere senza infamia e senza lode tre quarti d’ora di sostenibile e piacevole leggerezza.
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