Ho sostenuto in tutte le occasioni possibili che le uscite di questo artista fossero sempre da prendere con le dovute cautele. Il motivo è semplice: quando si parla di Mark Knopfler non si può disgiungere questo nome dal gruppo storico di cui è stato fondatore, unico responsabile della crescita artistica nonché del successo planetario raggiunto ed esclusivo decisore del suo (temporaneo?) scioglimento. In virtù di quanto appena detto, in prossimità di ogni pubblicazione discografica sembrerebbe quasi lecito aspettarsi (o sarebbe più onesto dire che si tratti di un nostro irrefrenabile desiderio) un disco in pieno stile Dire Straits. Il Knopfler che oramai abbiamo imparato a conoscere è l’artista super impegnato in numerosi progetti di collaborazioni, da Emmylou Harris a Diane Schuur per non parlare del suo perenne interessamento a lasciare in dote il proprio contributo compositivo al mondo del cinema.
Con “Get Lucky” arriva un disco con appena undici canzoni in cui il nostro si muove tra coordinate musicali che vanno dalle inossidabili radici blues (..e come non potrebbe essere così) alle sonorità tipicamente country marchiato di un retrogusto western, reimpossessandosi di quell’atmosfera di chiara discendenza celtica che contraddistinse alcuni tratti dell’esordio - si fa per dire – avvenuto con “Golden Heart”.
A confermare quanto appena detto é l’introduttiva “Border Reiver” a cui spetta il non facile compito di inaugurare il disco, un brano in cui strumenti come il pennywhistle ed un tradizionale piano ben evidenziano una ritrovata vena creativa che in maniera esemplare ci regala il primo papabile singolo, in cui ben si concentrano tradizione popolare e semplicità compositiva. “Hard Shoulder” si caratterizza per infondere tranquillità e distensione, donando a chi l’ascolta una godibile atmosfera di quiete dove il Knopfler poeta fuoriesce in tutto il suo impareggiabile stile (If something needs doing, I always say, You want it done the proper way, I need you to stay = Se qualcosa deve essere fatta dico sempre che deve essere fatta nel giusto modo, Ho bisogno che tu rimanga). Il mordace blues di “You Can’t Beat The House” incita a battere il piedino, mostrando la predilezione dell’artista scozzese per quei suoni che hanno da sempre rappresentato le fondamenta di un background musicale da cui attingere, per adattare al proprio gusto creativo. La toccante “Before Gas And TV” si sviluppa su di una decadente melodia che ben riesce a far progredire la componente folk popolare, intelligentemente recuperata per questo lavoro. “Monteleone” (dedicata al più popolare liutaio di chitarre ancora in vita) è uno di quei brani che punta su di un’elegante orchestralità cinematografica, guidato da un valzer in cui una mesta melodia si rende piacevolmente complice per uno dei migliori brani del lotto.
E’ palese, ma dobbiamo riconoscere a Knopfler colui che negli anni ha fatto innamorare anche della propria musica, la capacità di trasmettere quelle emozioni trasformate in note, in intensi sentimenti dotati di una rara percettibilità e farle sentire come proprie di chi ascolta. Un atteggiamento che per un musicista navigato non è assolutamente scontato, ancor di più quando il diverso – e per molti versi anche coraggioso - percorso musicale intrapreso, diviene espressione di un ardimento considerato da molti inadatto quanto controproducente.
“Cleaning My Gun” che richiama “Boom Like That”, da modo ad un immaginifico Knopfler di riportare in note in maniera lodevole anche su questo album, una caliginosa ambientazione western degna delle produzioni da grande schermo del passato. Con le dolci armonie di “The Car Was The One” ci si lascia piacevolmente guidare in quel mondo fatto di eroi di macchine da corsa e dalle inevitabili ed incantevoli bambole di contorno, che tanto infondono quel sapore d’avventura di matrice prettamente springsteeniana (I’m up in the corner, nursing a beer – Who should come laughing and joking in here - But Bobby Brown the winner of the sports car race – With some friends and a girl, man, she lit up the place = Sono nell’angolo che sorseggio una birra, Qui non si viene a giocare o ridere – Bobby Brown il vincitore delle corse – Con degli amici e una donna, caspita, una che illuminava la pista). Un’altra occasione per dare il meglio di sé come storyteller è l’incantevole “Remembrance Day”, dove dal punto di vista lirico è quel nebuloso mondo fatto di storie quotidiane (anche del passato) che ritorna spesso nei suoi racconti ad essere il protagonista, così come per l’aspetto musicale è un fiabesco arpeggio a condurre il tutto, cesellato dalle rifiniture della sua magica Les Paul e dalle irreali voci bianche delle figlie Isabelle e Katya.
L’eccellente title-track dove troviamo un delicato fingerpicking ad accompagnare l’intero brano è la riprova che man mano che si va avanti nell’ascolto il disco non accenna ad alcun cedimento, facendo risaltare una sorprendente cantabilità in cui è proprio la semplicità esecutiva a far emergere il pezzo in tutta la sua straordinaria bellezza. Senz’altro tra i brani che lasceranno il segno in fatto di eccellenza compositiva, c’è l’altalenante canto di stampo marinaresco di “So Far From The Clyde” , dove il morbido e vincente incedere sia melodico che ritmico – che può richiamare alla memoria quel gioiello chiamato “Brothers In Arms -”, rivelandosi ammaliante anche per lo struggente testo che palesa il “sentito addio” di una gloriosa imbarcazione che giunge al termine del suo corso e prossima alla definitiva dismissione (“They had a last supper the day of the beaching – she’s a dead ship sailing skeleton crew - the gallery is empty the stove pots are cooling – what’s left of a stew – Her time is approaching the captain moves over – the hangman steps in to do water what he’s paid for – wind the wind and the tide she goes proud ahead steaming – and he drives her hard into the shore = Fecero un’ultima cena il giorno dell’approdo – è una nave morta che naviga – equipaggio di scheletri – la cambusa è vuota – le pentole della stufa si stanno raffreddando – con ciò che resta di uno stufato -). Al traditional “Piper To The End” che si regge su di un dialogo tra voce, chitarra e tin whistle ed ha una progressione melodica al cui concepimento sembra aver contribuito “Wild Mountain Thyme” (Shot At Glory – 2001), è affidata la data la perfetta conclusione di questo lavoro.
Al termine dell’ascolto il disco riflette appieno un artista in forma smagliante, incurante di chi lo rivorrebbe a tutti i costi a fare il verso a se stesso per aver naturalmente incarnato quel ruolo di genialità bravura e determinazione, permettendogli di trascinare dalla sua non solo orde di giovani vittime della cassa di risonanza dei milioni di dischi venduti, ma anche chi reputava segno di eccessiva volubilità giovanile, potersi innamorare di un nuovo gruppo rock a 30 anni e perché no anche oltre. “Get Lucky” si rivela così un disco confidenziale ed ammiccante per via di alcuni tratti musicali che ci fanno godibilmente (ri)ascoltare il sentiero magico che porta al sound dei Dire Straits. Non è perciò difficile rendersi conto che a giudizio di chi scrive, il lavoro in questione trova a tutt’oggi il modo di collocarsi come la migliore espressione dal punto di vista qualitativo e dell’ispirazione, in cui ogni cosa sembra essere al suo posto facendo respirare magia in grado di dipanare ovunque una sconfinata bellezza, per un artista – che al contrario della maggior parte dei suoi colleghi – nel rilasciare interviste per la promozione del proprio lavoro, non si è mai lasciato scappare una frase spesso rivelatasi poi inopportuna:
“ …il mio ultimo lavoro è il miglior disco che abbia mai realizzato…”
[La deluxe edition contiene un dvd con un completo contributo di immagini concernenti la lavorazione del disco, in cui Knopfler ed il Chuck Ainlay ci conducono in un piacevole studio tour illuminando l’ascoltatore sulle chitarre utilizzate in sala d’incisione, come l’attività svolta dietro ad una consolle che trova maggior approfondimento nell’interessante control room. Per chi cerca versioni interessanti dei brani del disco, da non perdere l’esecuzione di “Cleaning my gun” al British Grove come le sessioni di registrazione della chitarra acustica per “Remembrance Day” e le backing vocals dei musicisti coinvolti.]
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