Un album autunnale. L'uscita a settembre non poteva essere più azzeccata. Le canzoni di "Privateering" evocano un'atmosfera di fine estate: piove, il clima si irrigidisce e le foglie cadono dagli alberi. O almeno questo è lo scenario che mi sono immaginata ascoltando il nuovo lavoro di Mark Knopfler. Poi magari a qualcun'altro, su queste note, verranno in mente spiagge e quaranta gradi all'ombra. Ma tutto è relativo.

Il buon Mark anche questa volta ha fatto un buon lavoro. Si tratta di un doppio cd con ogni cd contenente dieci canzoni. Niente rock sfrenato, Mr Knopfler predilige la calma. è un album tranquillo e rilassante, da ascoltare, come dicevo prima, durante qualche piovoso pomeriggio domenicale. I brani spaziano dal country al blues, alternandosi in pezzi lenti e veloci. O meno lenti, non c'è molta velocità. Ma d'altronde, quest'uomo avrà pure diritto a un pò di tranquillità dopo una carriera brillante sia come solista e sia come leader dei Dire Straits. Va bene, non è mai stato un vero amante del movimento, ma non fa niente: continua a darmi emozioni dall'infanzia e per questo è perdonato.

Il cd si apre con "Redbud Tree", una delle tracce di spicco di "Privateering", una canzone malinconica  da passeggiata nei boschi. "Privateering" va da momenti tristi come "Radio City Serenade" (brano evocante passeggiate notturne al freddo, senza appesantire troppo l'anima però)  a momenti più allegri come "I Used To Could". Traccia degna di nota è "Corned Beef City", appartenente ai "momenti più allegri" ma al tempo stesso malinconica in un certo qual modo. Lascia un pò di tristezza dentro ognuno di noi, nonostante sia uno dei brani più vivaci dell'album. Altra traccia spiccante è l'omonima del cd "Privateering", canzone da ascoltare sdraiati sul divano con una copertina oppure davanti una tazza di tè (ok... Adoro l'autunno).

Le capacità canore del maestro del fingerpicking sono rimaste invariate con l'età, la bella voce bassa è quella di sempre. 

I testi sono dylaneggianti con un certo pathos. C'è sempre una tristezza di base nelle parole e nella musica. Non manca la poesia knopfleriana che alleggerisce la solita denuncia sociale tipica di questi grandi uomini e non manca la sua chitarra quasi struggente, Stratocaster, Telecaster o Gibson che sia.

Nel complesso Mark non delude neanche stavolta.  E spero proprio di riuscire ad andare ad un suo concerto l'anno prossimo. 

"I take a swig of sheep did

From my flask

And once again I ask

What made you think

There'd be a living in sheep?

Eat, work, eat, work and sleep"

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