Considerata la vertiginosa scalata al successo che i Dire Straits avevano intrapreso nei loro quindici anni di carriera discografica, la sera del 9 ottobre 1992 (ultima data dell'On Every Street Tour allo stadio della Romareda di Saragoza, Spagna) non avrebbe mai fatto pensare ad un successivo, differente e notevole percorso artistico del suo pensieroso ed introverso leader.

Per gli estimatori di Mark "Freuder" (di secondo nome) Knopfler lo scaffale che contiene i sei indimenticabili studio albums dei DS, sono in buona compagnia con le numerose colonne sonore da lui composte (la riuscitissima "Local Hero" risale al 1983) e completato dalle stimabili collaborazioni che lo hanno visto in qualità di ospite in ben oltre cento dischi!

Tra il seducente pizzicato che rendeva straordinaria "Sultans Of Swing" e l'allettante mestiere di "Calling Elvis", Knopfler ha dato alla luce una quantità di brani piacevolmente singolari dispiegando una qualità di scrittura brillante ed inusuale. Con il cammino solista, il chitarrista privilegia un percorso artistico finalizzato all'espressione di un'identità musicale più personale, snellendo le impennate ritmiche ed i virtuosismi che ne avevano caratterizzato gli inizi di carriera. "Golden Heart" (1996) è un godibile esordio e a cui faranno seguito dischi caratterizzati da una sola apparente sofficità ("The Ragpicker's Dream" - 2002 - ) o ancor più intimi ("Shangri-La" del 2004) , in grado di far maturare ulteriormente l'artista con quanto arriverà di lì a poco ("Get Lucky" nel 2009 e "Privateering" nel 2012).

Con "Tracker" si viene condotti per mano nell'appartata e beata realtà scozzese, impostando un cammino musicale che pur viaggiando sulle stesse coordinate dell'eccelso "Privateering", lasciando a Knopfler dilatarne i contenuti che fanno sempre capo ad atmosfere perlopiù rilassate, senza mai forzatamente spingere il piede (o la mano parlando di un accanito biker oltre che di un geniale chitarrista) sull'accelleratore, che gli avrebbe garantito una maggior visibilità apprezzata ad occhi chiusi da giovani fan e fedelissimi.

"Laughs And Jokes And Drinks And Smokes" (in cui si respira senza difficoltà l'aria del Brubeck di "Take Five") fa convivere il colto jazz con la genuinità della traditional scottisch music, così come in "Skydiver" è la delicatezza della slide guitar ad accentuare una vena melodica made in Liverpool divenendo un tutt'uno con l'inclinazione blues dell'intero brano. Alla pacatezza di "River Towns" (il dosato sax di Nigel Hitchcok ben si inserisce nel suono di gruppo), "Long Cool Girl" riflette un'intimità ed un fascino di stampo country che vanno ben oltre la descrizione dell'ammaliante protagonista del testo. La bellezza e l'onestà delle composizioni è da far risalire a quel lato autobiografico che Knopfler ha cercato di far trasparire nelle sue canzoni, ma con liriche sopraffine e mai scontate che permettono all'ascoltatore una lettura universale. Non è perciò difficile considerare come nostri reali compagni di viaggio di questo ascolto oltreché dell'autore, il poeta delle magiche armonie di "Basil" (ispirata dal conterraneo e celebre poeta Basil Bunting) o dell'emozionante "Beryl" (dedicata alla scrittrice Beryl Bainbridge) in cui il nostro impugna nuovamente una Stratocaster in grado di risvegliare melodicamente e ritmicamente una sfera meravigliosamente emozionale. E' lampante come gli anni trascorsi dal giovane Freuder ad ascoltare J.J. Cale riescano a vivere nuovamente ed in una propria forma in "Broken Bones", senza sacrificare anche una personale e fine abilità compositiva, facendo emergere dei richiami d'Irlanda in una traccia come "Mighty Man", in cui non è difficile ravvisare una familiarità con la "Belfast Child" dei Simple Minds.

Un album che non prevedendo chissà quali sterzate ritmiche non perde in qualità neanche in prossimità di chiusura, quando è possibile deliziarsi, lasciandosi cullare dalla dolce atmosfera di "Silver Eagle" seguita a dovere da "Lights Of Taormina", uno dei più bei momenti di poesia tradotta in musica dedicati ad uno dei luoghi più suggestivi d'Italia entrato nel cuore dell'artista, prima ancora che questo brano faccia la stessa cosa con gli ascoltatori. A concludere l'evocativa "Wherever I Go" (con Ruth Moody già con The Wailin' Jennys), leggiadramente country nel suo incedere e che Emmylou Harris non avrebbe disdegnato in quel gioiellino di genere dal titolo "All The Roadrunning", che vide insieme per la prima volta il chitarrista scozzese e la cantante dell'Alabama.

"Tracker" è un disco in cui il suo autore anziché cullarsi sugli allori un glorioso passato preferisce mettersi in gioco come in ogni sua nuova pubblicazione, sempre più consapevole di non dover dimostrare nulla a nessuno, ma continuando a scrivere canzoni dal pregiatissimo tocco personale in cui sono la classe ed il gusto a prevelere, concedendoci per la prima volta di apprezzarlo per la sua nota semplicità, anche sulla copertina di un suo disco ... troppa grazia ... tutta insieme.

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