Mark Kozelek è, semplicemente, uno dei più grandi songwriter americani in circolazione. Il nativo dell'Ohio ha ottenuto negli anni '90 una buona notorietà con il gruppo slow core Red House Painters, ponendo fine a quest'avventura nel 2001. Da quel momento in poi la sua carriera si è alternata tra progetti solisti e il suo nuovo gruppo Sun Kil Moon, vertendo, musicalmente, sempre più verso rock classico, folk e country. Il tutto sempre caratterizzato da momenti introspettivi e una vena genuinamente malinconica.
"Little Drummer Boy Live" è un doppio album che immortala alcune delle più significative esibizioni del nostro cantautore in un arco temporale che va dal 2003 al 2006. Pubblicato proprio nel 2006, il disco è stato prodotto in serie limitata (10000 copie) per la Caldo Verde Records, casa fondata dallo stesso Kozelek, e raccoglie il meglio di 15 anni di ividiabile carriera. Il Nostro si presenta in una veste oltremodo essenziale. Infatti, come da sua tradizione, le performance dal vivo mettono da parte il musicisti di cui abitualmente si avvale nelle registrazioni in studio, e lo vedono come unico protagonista alla voce e alle chitarre classico/acustiche, spalleggiato in diversi brani esclusivamente da Phil Carney, vecchia conoscenza che ha militato nei RHP, che ne raddoppia la presenza alle chitarre.
Le canzoni, spogliate di qualsiasi sovrastruttura, si presentano all'ascoltatore in tutta la loro bellezza e semplicità. Emerge, in questo contesto, la bravura dei due strumentisti, che formano un duo perfetto, talmente affiatato ed equilibrato da far sembrare ogni nota come indispensabile alla riuscita finale dei brani; e mentre i due pennellano melodie che ci portano in posti lontani, sconosciuti, la voce di Kozelek appare insieme maestosa e fragile. Il suo timbro inconfondibile, caldo, profondo, coinvolgente, sugella quel magma di suoni e parole che delicatamente si insinua nell'orecchio dei fortunati spettatori, creando un' atmosfera che nessuna analisi tecnico/formale saprebbe adeguatamente motivare.
Infine c'è da considerare che Kozelek non si limita, come quasi tutti gli artisti fanno, a riprodurre pedissequamente i propri brani originali. Ogni canzone è occasione di innovazione, ulteriore sfogo creativo del talentuoso musicista dell'Ohio. Numerosi sono all'interno del concerto i cambi di accordatura delle chitarre, nella esasperata ricerca del sound perfetto, che aderisca in maniera naturale ad ogni singola composizione. Il risultato di questo processo vede stravolti diversi brani, mentre anche quelli che risultano più fedeli alla versione in studio splendono di nuova luce. Numerosi, a mio avviso, i casi in cui queste versioni superano in bellezza gli originali; "Michigan" e "Bubble" su tutte.
Non nego che nutro dei dubbi sull'effettivo valore assoluto di quest'album (svincolato, insomma, dalla precedente discografia). Quando ascoltai per la prima volta "LDBL", infatti, già conoscevo a memoria tutti i dischi di Kozelek e questo non può che incidere sulla mia imparzialità. Solo per questo non mi sento di dare il massimo dei voti ad un opera splendida. Quello di cui sono sicuro, in conclusione, è che questo è il miglior modo in assoluto per gustare e apprezzare al meglio la musica del songwriter americano. Tanto dovrebbe bastare, quantomeno per giustificare la curiosità dell'ascolto.
Curiosa la divisione della traklist: 14 brani nel primo cd, 6 nel secondo.
Analogo discorso potrebbe estendersi alle altre uscite live di Kozelek. Consigliato l'ultimo arrivato, "Lost Verses Live", che aggiunge alla scaletta le gemme di quel capolavoro che è "April". Suonato e registrato, peraltro, con una cura e una perizia superiore a tutti gli altri "fratelli".
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