Tempo fa sono venuto a sapere che il mio gruppo drone preferito, gli Emeralds, s'erano sciolti. E' stato un leggero choc sia perchè era appena dal 2006 che droneggiavano, sia perchè in sette anni avevano rilasciato 40 pubblicazioni tra album, live, cassette e cd-r. Sono rapidamente diventati i miei preferiti non solo perchè la loro tavolozza spazia dall'ambient alla Kosmische al noise di classe al soundscape ai field recordings (insomma ogni loro album è una sorpresa, gradita o meno), ma anche per l'assoluta penetrabilità della maggior parte dei loro lavori. Il loro ultimo album "Just to Feel Anything" dell'anno scorso ne è un esempio.
Insomma io con le premesse che vi ho appena scritto mi sono avvicinato alla carriera solista di McGuire, il chitarrista della band. Mi aspettavo un drone noisy-arty un pò ostico, ricco di atmosfera e con pezzi interminabili, ma sono stato sorpreso. E non è che mi son ritrovato con un disco di cantautorato psych (che avrebbe fatto troppo Devendra o comunque troppo freak-inizio-anni-zero), ma con un album tremendamente intrigante (comunque solo di chitarra). L'amico qui è un maghetto degli effetti e me l'ha dimostrato profusamente; in particolare il delay è il suo destriero principe. Il risultato però è un disco davvero avvicinabile per chiunque, pazzescamente godibile e addirittura magnifico se apprezzi un pochino la psychedelia o il post rock, questo per alcune soluzioni timbriche, quello per l'attitudine Montgomeriana di McGuire (Roy è l'unico che conosco di abbastanza accostabile, per il resto il disco è difficilmente etichettabile). Il cuore di questo disco non risiede tanto nella melodia dei singoli pezzi, ma nell'effetto disorientante che le miriadi di frasicciole di chitarra sovraregistrate causano nelle nostre orecchie. Anzi a pensarci bene il cuore del disco è tutt'altro... il tema è la nostalgia. Come si può vedere la copertina non è che un collage di foto dell'infanzia del Mark. E i pezzi hanno quà e là samples di registrazioni dell'early life sempre del Mark. Insomma come atmosfera teorica mi verrebbe da tirare fuori l'intimissimo Kozelek, tanto per far capire che si parla di roba dell'autore, non c'è spazio per l'interpretazione personale. E' cantautorato intimista senza voce. Si... è un pò come sfogliare l'album di foto di qualcuno che non abbiamo mai visto, ogni foto ci suggerisce un sentimento che non abbiamo provato, un brivido bloccato su pellicola che non possiamo immaginare, passioni che non possiamo capire... ecco, quest'album è un insieme di foto musicali. Completamente strumentale e col solo aiutino di oculatissimi mini inserti di drum machine, è possibile davvero immaginare un sentimento estraneo dietro le note. Io una volta che ho rinunciato a fare miei questi pezzi ho cominciato lentamente ad adorarli. L'atmosfera di grande distanza ma soprattutto queste piccole fascette di note che si intrecciano, magari su un tappeto di suoni ormai indistinti mi fanno davvero fare dei giri magnifici.
Un pezzo in particolare mi ha dato tanto piacere ascoltare: ve lo linko in parte, tra le info, magari fatelo partire se avete voglia, mentre leggete. Si tratta di Brothers (For Matt). Aperta da una registrazione di bimbo e adulto che chiacchierano, intorno al secondo minuto il pezzo deflagra in un tripudio di chitarre annodate che è una meraviglia. I pattern sembrano davvero sdoppiarsi all'infinito, come le memorie che ci legano ad una persona cara. Commovente, lo sto ascoltando mentre scrivo con l'odore di cemento bagnato che entra dal portico, magico, davvero. Vabbè sto finendo la mia scorta di eterosessualità per questa rece, ora agisco bene.
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