Ladies and gentlemen, a voi il signore dell’AOR Mark Spiro. Songwriter d’eccezione, a lui si devono pezzi che, scritti per altri artisti, hanno venduto nel tempo decine e decine di milioni di copie; molto meno conosciuta, ma assolutamente non inferiore, la sua produzione solista. L’album che andiamo a recensire, il terzo della carriera solista di Spiro, entra di diritto nella top five del genere: siamo quindi di fronte ad un sontuoso capolavoro di genere.

Uscito per la svedese “Westcoast Records” proprio venti anni fa, quando l’AOR era divenuto, dopo i fasti degli anni ’80, un fenomeno underground, l’album in questione è costituito da 12 tracks; alcuni pezzi sono da annoverare come eccezionali classici del rock adulto, ma non c’è neppure una caduta di tono. Arrangiamenti notevoli, melodie spesso stratosferiche, testi intelligenti, guitar work fenomenale (D. Huff, M. Thompson e T. Pierce: bastino questi nomi, anche autori di pezzi presenti nel platter, a rendere l’idea) si uniscono ad una voce calda, roca e romantica. L’unica pecca sta nella produzione (e nella sezione ritmica elettronica), che comunque non inficia per nulla il valore del lavoro. Forse chiediamo troppo, ma ascoltare quest’album completamente reso con strumentazione “reale” sarebbe un’esperienza da mille e una notte per ogni chic rocker che si rispetti (tra l’altro, l’operazione non sembrerebbe impossibile, visti gli agganci di Spiro nell’ambiente).

Passiamo ora all’analisi dei singoli pezzi, meravigliosamente cantati e arrangiati da Spiro (due da J. Jaz), che è responsabile anche dei cori, del programming e delle tastiere.

Si parte con il midtempo “All the Love We Kill”. Caratterizzato da una trama chitarristica misteriosamente incalzante, il pezzo ha una strofa stupenda, e il chorus è da manuale del rock adulto.

“English Channel” è una meravigliosa ballad, scritta a sei mani con J. Waite e T. Pierce. Splendido refrain.

“Stay Young”, nella sua semplicità, costituisce una delle tracks migliori dell’album. Grandissimo il dialogo iniziale tastiera-chitarra, chorus catchy ma assolutamente non banale, bridge da antologia, pregevole solo chitarristico (di Pierce).

Notevole l’intro di “In the Dark”, che esplode in un refrain molto accattivante.

“Around You” è un’ulteriore dimostrazione di gran classe. In particolare, la strofa ed il refrain sono da manuale; qui la voce di Mark raggiunge vette notevoli, mentre il guitar work è quasi fusion.

“Wind on the Water” chiude la prima parte dell’album. Trascinante la strofa iniziale, degno il refrain; anche qui, le vocals di Spiro sono a dir poco eccezionali.

“Son with the Walking Shoes” è caratterizzata da uno splendido chorus, in sé uno dei migliori dell’album; notevole anche il breve bridge chitarristico di Thompson.

“London Is Burning” parte con uno stentoreo intro chitarristico di Pierce. e si dirama poi nell’ennesimo memorabile refrain; splendido solo dello stesso Pierce e finissimo bridge vocale di Mark.

“Dancing with Einstein” inizia con un bel dialogo tastiera-chitarra, sviluppandosi in un riff particolarmente sentito; ancora un bridge memorabile, tanto per cambiare.

L’intro di “Through My Eyes” è costituito da un bel fraseggio di Huff, mentre il refrain mette in luce la voce calda e roca di Mark, che diviene quasi epica nel bridge; grande solo di Huff, molto Giant-esque.

Misterioso, quasi orientaleggiante, l’intro chitarristico di “Light in the Darkness”, caratterizzata da un chorus tanto trascinante quanto lineare. Breve, funambolico solo di chitarra.

La chiosa spetta a quella che, con “All the Love We Kill” e “Stay Young”, è la migliore song dell’album, “Midwestern Skies”. Dotata di un’atmosfera incredibilmente romantica, questa track – voce e chitarra – fu poi riedita (in versione più lunga) nell’imprescindibile lavoro di M. Thompson, The World According to MT (1996). Sebbene lì la produzione sia migliore, qui la prestazione vocale di Mark ci sembra superiore. Il pezzo è un fantastico, suadente commiato di un album eccezionale: le vocals di Spiro sono talmente sentite da risultare commoventi, e il contrappunto chitarristico del tutto degno di tanta magnificenza.

In conclusione, non solo tutti i refrain e gli arrangiamenti di questo leggendario album, ma anche le sue strofe e i bridge, sono praticamente perfetti (per non parlare della tecnica dei chitarristi coinvolti): qui non troverete neppure una nota fuori posto. Per usare un eufemismo, l’acquisto è doveroso per ogni AOR connoisseur. Buy or die!

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