"Muna" è il secondo lavoro da solista della cantautrice e pianista ceca Markéta Irglovà. Succede al promettente Anar, al progetto The Swell Season con Glen Hansard e soprattutto all’Oscar nel 2008 per la miglior canzone originale (Falling slowly nel bel film indipendente “Once”).
"Muna" è un disco che seppur uscito solo da due anni si è inserito di diritto nella mia personale classifica degli album più importanti della mia collezione. Sta quindi benissimo accanto ad altri gioielli immortali quali “Blue” di Joni Mitchell, “Victorialand” dei Cocteau Twins, “Tigerlily” di Natalie Merchant, “Judee Sill” di Judee Sill, appunto.
Non a caso racchiude in sé molte delle caratteristiche dei lavori qui sopra citati. Si tratta di un concept di musica spirituale o, se vogliamo, di christian music che abbraccia diversi stili e diverse declinazioni del folk: dal più aderente e tribalistico (Fortune Teller), all’onirico ed ecumenico (Point of Creation) sino alle classiche piano ballad in forma di preghiera (“the leading bird” ma, soprattutto, la vibrante e commovente “Without a map”).
Registrato prevalentemente in Islanda con musicisti del luogo più altri collaboratori cechi e iraniani, "Muna" è un disco caldo e accogliente come un ventre materno, capace di far commuovere e riflettere. Un disco “soul” che parla all’anima senza passare dal catechismo. Per credenti e no.
Muna è, in definitiva, un assoluto capolavoro difficilmente ripetibile e un modello creativo da seguire per noi italiani incapaci di affrontare le “cose di fede” senza scadere nel genrossismo.
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