I Marlene Kuntz sono stati tra i prediletti dei seguaci di certo rock alternativo italiano grazie al botto fatto dall'esordio "Catartica", e sono rimasti nei loro cuori con l'ostico "Il vile", fin anche ad "Ho ucciso paranoia", in un periodo di grandi performance live sù e giù per la penisola. Le carte in tavola vengono cambiate già con il seguente "Che cosa vedi", con un cambio di stile e di approccio alla materia che ha messo i fan davanti ad un bivio: provare a seguirli nel loro nuovo corso o ripudiare l'antico amore. Il sottoscritto parla dal punto di vista dei primi, di coloro che hanno preso la decisione di non abbandonarli nell'ascolto, nonostante dischi poco convincenti come "Uno". "Senza peso" apparve nella mia vita brevemente alla sua uscita quando, nel 2003, lo portai ad un matrimonio nelle campagne livornesi. Lì fu suonato per gli sposi in un improbabile sottofondo nuziale quando, dopo il pranzo, pochi sopravvissuti erano ancora in grado di ballarlo grazie all'elevato grado etilico nel sangue. Quella sera tornai a casa senza di lui e la storia si interruppe per molti anni. Credevo di averlo dimenticato quando un'offerta speciale mi convinse ad aprire il borsello ed a tornare a frequentarlo. Anni di lontananza e di ostili dicerie mi portarono ad essere cauto per non finire scottato dalla delusione. Ora stiamo insieme da diversi anni e posso dire di conoscerlo a sufficienza e di aver imparato a fidarmi di lui. Ha sempre tutti i suoi pregi e difetti, lati del carattere che vengono al tempo stesso amati o odiati, a seconda delle persone che gli presento. Non è perfetto: in "Ci siamo amati" vorrebbe piacere a tutti e rischia di essere banale e autoderivativo, in "Danza" e "Fingendo la poesia" è troppo romantico e logorroico, quando basterebbero invece poche parole per farsi amare. Ma poi ti sorprende: a volte, quando fa buio ed è lontano da tutto il resto del mondo ("Notte"), ti parla per ore e senti che potresti essere al suo fianco in eterno. Altre volte ti contagia e ti smuove dalle tue giornate sbagliate grazie ai suoi impeti. Momenti di ritrovata carica giovanile, ricordi di un tempo lontano che restano nel sangue e riaffiorano in "Sacrosanta verità", "A fior di pelle" o "Secondo chi vorrà", levigati dalla maturità e dalla decisione di non essere più gli stessi, che piaccia o meno agli amici di un tempo. Ha anche dei colleghi che aggiungono un pò di sale a certe serate, si chiamano Warren e Rob Ellis, non sono fratelli, ma sono accomunati dagli stessi intenti e dalla stessa sensibilità artistica. Di loro ho un ricordo indelebile: erano presenti una sera con violini e cembali quando ho conosciuto "Laura".

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