Disco del mese: gioco, set e partita per Marnie Stern e il suo recentissimo The Comeback Kid.
Sinossi in breve.
Marnie ha iniziato a suonare la chitarra su indicazione della madre a 15 anni, perché a sua madre sembrava cool.
Marnie si è iscritta alla NYU, facoltà di giornalismo, perché alla madre sembrava una facoltà promettente per il suo avvenire.
E così via, hai già capito.
Niente sembrava andare male nella vita di Marnie, ma allo stesso tempo niente sembrava andare davvero come volesse lei (maddai!): "A 21 anni, alla fine dell'università, mi sono detta: imparerò a suonare la chitarra davvero, imparerò a scrivere canzoni e sarò una musicista." Il resto è storia.
Classe ‘76, nata e cresciuta a New York City, Marnie Stern è cantante, compositrice e chitarrista dallo stile immediatamente riconoscibile, ma comunque davvero difficile da definire. Immagina un math rock un po' sghembo, una jam session fra Pete Townshend alla chitarra, Satomi Matsuzaki (Deerhoof) alla voce e alla batteria Kid Millions degli Oneida (questo non devi immaginarlo, perché alle percussioni di The Comeback Kid c’è davvero il batterista degli Oneida).
Hai immaginato? Ecco, ora prova a dargli una definizione… Non è facile vero?
Marnie ha esordito con la Kill Rock Stars nel 2007 dopo aver inviato alla casa discografica una demo particolarmente interessante, il suo album d'esordio uscì nello stesso anno e riscosse immediatamente consensi di pubblico e critica. Poi è stata tutta un’escalation.
Nel 2010 Stern aveva già accumulato seguito e risonanza, venendo regolarmente inclusa nelle liste degli artisti emergenti da tenere d’occhio, fra cui quella di Rolling Stone che l’annoverava fra i "The 250 Greatest Guitarists of All Time" (nel 2008 si esercitava alla chitarra almeno 8 ore al giorno!).
Nel 2023 Stern è tornata con questo che è il suo quinto album in studio, a 10 anni dal precedente. L'album è stato prodotto da Jeremy Gara degli Arcade Fire ed è uscito a novembre del 2023 su Joyful Noise Record.
Marnie si è sempre dichiarata fan di Bob Dylan, PJ Harvey e Sleater Kenny... gusti terribilmnete variegati che ha maturato ai tempi in cui lavorava in biblioteca e portava a casa una mole considerevole di CD a noleggio (pare che non sempre tornassero indietro). Ma se ti interessa quello che ci sento io, bè io ci sento un art-rock a tratti progressive e isterismi degni di Lightning Bolt e Deerhoof, ossessioni ritmiche alla Oneida, e, forse più come mood giovanili che influenze vere e proprie, un certo che di Television e Talking Heads. Con puntatine verso il power rock (Foward) e la neo-psichedelia: in Working Memory ho dovuto ricontrollare che la puntina dello stereo non si fosse inceppata sullo stesso solco. Poesia!
Pronostico: la ritroveremo nelle posizioni alte dei migliori album del 2023!
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