Anni fa, nel 1970, ai tempi delle registrazioni di Benefit con i Jethro Tull, lo storico chitarrista Martin Barre affermò: «Credo che la grande forza di Ian Anderson stia nella sua abilità di rendere efficaci le sue composizioni e trasformarle in un prodottto finito». Fu forse per questo motivo che egli non scrisse neanche una nota in alcun disco dei Jethro Tull fino, ahimè, al 1984, anno dell'orripilante Under Wraps: quale triste esordio!
Pure, il nostro "Zio Martino", nonostante le premesse non si arrese. Nel 1992 quasi per caso, il chitarrista dei Jethro Tull iniziò la sua carriera solista con un mediocre cd di cover inciso per beneficenza intitolato "A Summer Band", al quale seguirono i buoni "A Trick Of Memory" (1994) e "The Meeting" (1996). Nel 2003 la sua ultima fatica è intitolata semplicemente "Stage Left", ossia la posizione che il chitarrista occupa sul palco durante i concerti. Ad accompagnarlo troviamo i due (ormai ex) membri dei Jethro Tull Andy Giddings (tastiere) e Jonathan Noyce (basso). Il lavoro in questione si eleva sostanzialmente di livello rispetto ai predecessori, anche per la scelta di eseguirlo quasi del tutto in maniera strumentale, il che ne fa un notevole punto di forza.
Package essenziale ma curato, in copertina è ritratto il coperchio di una sorta di contenitore per gli strumenti da backstage. All'interno vi è una simpatica nota del chitarrista per ogni strumento usato nelle 14 tracce, di cui 12 sono chitarre diverse fra acustiche ed elettriche, 1 mandolino (in D.I.Y.) e 1 bouzuki (in Favourite Things). Martin si cimenta anche nell'esecuzione di parti di flauto traverso, nella canzone "Stage Fright", come già aveva fatto nella pietra miliare dei Jethro Tull "Stand Up" e come spesso fa ancora dal vivo con Anderson e soci durante "Fat Man". Insomma scopriamo un Martin Barre polistrumentista, dotato un eclettismo e di una versatilità sorprendenti, che forse si rivelano solo in sede solistica. Uscire dall'ombra di Ian Anderson ha giovato a Martin Barre, che non resta in questo modo indissolubilmente legato al leader, ma riesce a trovare i suoi spazi ed una sua dimensione.
Vi sono pezzi senza dubbio ottimi su "Stage Left", come "Count The Chickens" e un paio di tracce di reminiscenza Tulliana, come Nelly Returns, che ricorda a tratti un passaggio preso da "Part Of The Machine", mentre "Celestial Servings" sembra uscita da "Crest Of Knave", difatti Martin qui usa la stessa Fender Stratocaster di Knopfleriana memoria ed influenza. Bruttino l'unico brano cantato, che paradossalmente si intitola Don't Say A Word. Anche gli altri pezzi purtroppo non sono il massimo, come ad esempio "A French Correction", "As Told By" o "Murphy's Paw". Ottima invece "Winter Snowscape", che difatti piacque talmente tanto ad Ian Anderson che la incluse nel "Christmas Album" targato Jethro Tull nel 2003, aggiungendo parti di flauto ma accreditandola di fatto al solo Martin Barre, per la prima volta in 35 anni.
Insomma, "Stage Left" è un lavoro nel complesso più che apprezzabile, che forse avrebbe dato i frutti sperati se Martin Barre non avesse dovuto prestare fede all'odioso giuramento di ben 14 canzoni obbligatorie che la case discografiche oggigiorno impongono. Se si fosse limitato a quei 9-10 pezzi ben strutturati, avremmo potuto parlare di grande album. "Stage Left" è comunque un buon disco e dimostra che Martin Barre è un ottimo chitarrista a livello tecnico, con una buona dose di fantasia quando si tratta di scrivere assoli di chitarra, per non parlare della maestria nei fraseggi. Non a caso, il suo assolo nella canzone "Aqualung" è considerato uno dei 100 migliori assoli di tutti i tempi dalla riviste Guitar World e Guitar Player. Peccato che un così abile esecutore abbia da solista un così scarso senso della canzone in fase di composizione e soprattutto per quanto riguarda i pezzi cantati. La sua discografia, soprattutto quella precedente a "Stage Left", non sarà essenziale, ma neanche da scartare del tutto, dati gli ottimi spunti chitarristici.
Zio Martino rules!
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