Niente da dire, non c'è bisogno di spiegare la bellezza di un film ampiamente annunciato come vincitore di premi. E allora ha senso partire da cosa non funziona, dagli ingranaggi meno oliati di un marchingegno grottesco che dal punto di vista dell'intrattenimento cinematografico è davvero quasi imperfettibile.

Imputo al regista e sceneggiatore McDonagh una colpa: il non avere la forza di portare fino alla fine le durezze del suo ritratto sociale. Le dinamiche da commedia nera prevalgono sullo sguardo disincantato sull'America di oggi, e impongono evoluzioni positive di personaggi altrimenti poco ipotizzabili. E forse è proprio per questo che Tre manifesti piace molto: è un film impegnato ma non troppo, è tragico ma non troppo, è politico ma non troppo, è cupo ma anche consolatorio. Per me non è questo il vero «grande cinema». Non è un film veramente coraggioso, è molto paraculo in realtà.

Vorrebbe essere una riflessione profonda sull'impossibilità di avere una giustizia vera, reale (e in ampi tratti sembra esserlo), ma tutto sommato si risolve in una questioncella da filosofia spicciola, del tipo: «L'odio crea altro odio» e «Devi amare per lavorare sereno». Sono topolini partoriti da una montagna cinematografica apprezzabilissima e davvero fresca, ma in realtà inoffensiva.

Questo non vuol dire che non sia un film solido; è un ottimo lavoro, ma non riesce ad assurgere a status difilm davvero scomodo, duro, veramente politico. La visione di una giustizia a orologeria che può vendicarsi quando e come vuole, che può compiere nefandezze quasi impunemente, è sicuramente importante ma non c'è un vero portato contenutistico sul tema. È un ingrediente in più in un buffet di polemiche facili, dolori estremi, battute grevi e ironia nera. Un intreccio stilistico sicuramente notevole, piacevolissimo, ma in fin dei conti molto comodo, perché in realtà punzecchia tutti senza smuovere di un millimetro la situazione, senza dire nulla di nuovo.

Facile raffigurare l'agente Dixon, razzista e violento, come un idiota. Fa ridere al momento, ma poi ci si rende conto che l'America non è popolata tanto da poliziotti idioti, ma piuttosto - e soprattutto - da poliziotti anche seri, capaci, eppure razzisti. Quindi credo che tutto sommato la visione del film non aiuti realmente l'America; resta una barzelletta divertente, e basta. Anche la figura dello sceriffo è bella, interessante, emblematica; ma forse l'empatia che suscita la sua malattia impedisce di rimarcare la sua propensione a ricattare Mildred. È come se la scansione personale della quotidianità alla lunga prevalga sulla cifra politica degli eventi, e quindi progressivamente le spine polemiche si rivelano smussate.

L'ironia caustica può essere un'arma per amplificare un messaggio; secondo me in questo caso lo smorza, lasciando spazio a una problematicità irrisolvibile. Questo lato del complesso quadro ha una chiave di lettura ulteriore: le musiche distese e rilassate danno un effetto alla Malick, di distacco straniato dalla contingenza drammatica dei fatti, come a dire che questi problemi ci saranno sempre, in una ciclicità impossibile da scardinare davvero. Arrestato uno stupratore, ce ne sono infiniti altri, e la presa di coscienza di un poliziotto idiota non garantisce successo alcuno, le sue battaglie accanite si possono rivelare inutili. La stessa Mildred non è un personaggio realmente positivo, anche lei ha le sue colpe, fa tantissimi errori e non è forse migliore dei poliziotti che accusa.

Di fronte a una problematicità tale, non c'è una vera possibilità di condurre vittoriosamente delle battaglie civili. Restano le singole vite individuali e le scelte di ogni giorno tra bene o male. Quindi la risposta a tutto è una non risposta, è un'ulteriore domanda: cosa faremo domani? Sceglieremo la clemenza o la sete di vendetta? Daremo un altro stimolo all'odio o lo placheremo?

Di fatto, quindi, il film non riesce nemmeno a individuare una visione trasversale. Si riduce a tratteggiare un gruppo di personaggi, spassosi, che se le suonano di santa ragione. Ma quei tre enormi manifesti presupponevano questioni ben più politiche e generali.

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