Questa recensione è un po' atipica; il materiale che mi volgo a prendere in esame è infatti The Odissey, sorta di suite (in 4 movimenti) composta da Martin O'Donnell e Michael Salvatori. I due sono noti per aver composto le colonne sonore dei videogiochi della Bungie Studios, nota specialmente per quel capolavoro che risponde al nome di Halo e ha portato una ventata di fresca innovazione nel divertente ma stantio mondo degli sparatutto.

Ora, la mia viscerale passione per la saga di Halo è uno dei miei difetti. Per l'appunto giocando ad Halo 2, mi accorsi di una melodia particolarmente efficace nel brano che in un quel momento contornava il massacro apocalittico che si consumava dinanzi ai miei occhi. Così, incuriosito, decisi di procurarmi la colonna sonora.

Ora, io ho la personalissima opinione che le colonne sonore vadano apprezzate e quindi ascoltate come colonne sonore, quindi non intendo recensirla. Però, leggendo la tracklist, in mezzo a nomi di chiaro riferimento al videogioco e al pezzo Blow Me Away, suonato dai Breaking Benjamin (pezzo di cui, fra l'altro, esiste una recensione su Debaser), spiccavano questi 4 movimenti, The Odissey, per l'appunto, suonati nientepopodimeno che dagli Incubus, la cui fase nu-post-funky-blabla apprezzai assai. Perciò decisi di radunare i 4 brani, che effettivamente fanno parte di un'unica composizione organica.

Il primo movimento dura quattro minuti, ha un nome aggiuntivo - Follow - ed è praticamente una canzone in sé, con tanto di voce. Un coro e un arpeggio introducono il tema musicale principale di Halo (lo adoro, fra l'altro) lasciando poi spazio al brano; ciò che emerge con maggior vigore è l'intenso fraseggio chitarristico, che, in pieno post-songwriting, rappresenta la base su cui si costruisce il pezzo, salvo poi reintrodurre atmosfere più rarefatte. Il contrasto fra parti fraseggiate, ritornello cantato e accellerato e parti più atmosferiche costituisce il maggior motivo d'interesse del brano, che, nonostante la struttura strofa-ritornello e una sezione ritmica forse un po' troppo bassa, si fa apprezzare senza problemi.

I movimenti successivi vedono il totale abbandono della voce in favore di una maggiore apertura compositiva, di stampo notevolmente progressive. L'elettronica, mai eccessiva e inserita alla perfezione, costituisce il fondamentale tappeto sonoro su cui si innesta delicatamente la melodia chitarristica. Tuttavia le certezze non sono mai certe (eheh) ed infatti l'evoluzione del brano fa ritornare in primo piano il fraseggio del buon Mike Einziger e una travolgente sezione ritmica che poi si reimmerge in momenti jazz, funk, notevolmente interessanti.

Il terzo movimento, introdotto dall'elettronica e dal sassofono, porta poi in primo piano le eccellenti melodie intessute da chitarra e basso, lasciando sfogare in crescendo un battito ritmico che sconfina nell'orgia percussionistico/ritmica/elettr(on)ica del quarto movimento, con tanto di citazione floydiana (chiari ricordi di On the Run).

In conclusione, questa suite rappresenta in sé un intero microcosmo musicale, capace di grandi tocchi di stile e idee di notevole caratura. Il sincretismo sonoro, che spazia dall'elettronica e dal post-punk fino al jazz e al funk, è il tema dominante. Degna colonna sonora di un'opera videoludica che dimostra altrettanto spessore e profondità, nonchè grande gusto per il divertimento.

Carico i commenti...  con calma