Mentre scrivo questa recensione ho ancora un senso di malessere e di angoscia, che dalla mente, mi scivolano lungo il corpo, con una lentezza innaturale. L'orrore è difficile da rimuovere e "Shutter Island" è l'apoteosi della malvagità più folle e quotidiana. La malvagità che solo l'essere umano può avere in sè. Così mentre guardi il film, la sala del cinema si svuota, resti solo su quella poltrona che da comoda diventa, improvvisamente, scomoda e vorresti affondarci dentro per nasconderti.
Martin Scorsese è tornato ad essere il più grande. Si diverte a giocare con i labirinti oscuri della mente, come il gatto col topo, anzi peggio. Qui ogni cosa è celata, pronta a saltar fuori dal buio con una ferocia devastante. Quando la luce del sole illumina i labirinti mentali è troppo tardi, ne esci con le ossa rotte. Scorsese è diventato il più sadico degli psicologi, un Freud vendicativo e spietato.
Un film sulla follia, con tanto di sogni e visioni che solo il David Lynch di Twin Peaks aveva osato mostrarci. Uno "Spider" (Cronenberg) più visionario e psicotico.
L'eccellente Leonardo DiCaprio è Teddy Daniels, un ex soldato americano, che tornato dalla seconda guerra mondiale("non era più guerra. Era omicidio") traumatizzato, si dedica al suo lavoro di detective. Ha perso la moglie, il suo unico amore, in un incendio e non riesce a farsene una ragione. Ora è solo. Indossa una cravatta orribile. E' solo.
Teddy viene mandato ad indagare sulla scomparsa improvvisa e inspiegabile, dal manicomio dell' isola, di una paziente che ha sterminato i propri figli. Una volta iniziate le ricerche, sprofondiamo nella follia.
Niente. Non si può credere più a niente. Allucinazione e realtà diventano un tutt'uno. Teddy finisce in un labirinto e noi lo seguiamo in caduta libera.
Scorsese ci inganna, inganna tutti quanti, e lo fa con una classe che pochi registi hanno. Il mondo diventa un isola popolata da pazzi e maniaci, un isola senza vie di fuga, in cui la bomba atomica e le altre atrocità della guerra sono solo racconti dell'orrore, sono un "uomo nero".
Tutto diventa un platonico mito della caverna (il dialogo nella caverna ne è l'emblema), in cui ogni verità è sporcata e ricoperta di menzogna, finchè non riusciamo a liberarci e fuggire. Finchè il dottor Cawley (Ben Kingsley) non ci svela la durissima realtà.
Una volta scoperto come stanno le cose, dopo che il regista ci ha tartassati con immagini di una violenza raccapricciante per gran parte del film, arriva l'ennesima mazzata sulla nostra psiche, tanto che fino alla fine della storia siamo portati a sperare che sia tutto un inganno. Scorsese ci mostra l'orrore del quotidiano (che non svelo) con una regia da oscar e delle immagini di rara potenza visiva. Perfetto. Già dalla prima inquadratura (sulla nave si ha una sensazione di mal di mare immensa) tutto è ottimo.
Le musiche sono azzeccatissime. Spesso c'è solo un lungo rumore disturbante, che all'occorrenza si fa silenzio. Poi, improvvisamente, un rumore devastante. Un fiammifero si accende, ma sembra una bomba.
Le atmosfere sembrano uscite dal videogioco (sottolineo videogioco) "Silent Hill" e sono così inquietanti da far venire i brividi (la scena con la pioggia di cenere è da antologia), a volte si ha la sensazione di vedere un "qualcuno volò sul nido del cuculo"ambientato nell'abisso dell'anima.
Tratto dal libro di Dennis Lehane, Martin Scorsese ci regala una storia sull'orrore umano di una violenza inimmaginabile. La domanda "perché sei tutta bagnata?" è un po' come "perché indossi quello stupido costume da coniglio?" in Donnie Darko, solo che in "Shutter Island", quando scopri la risposta, vorresti non aver mai chiesto niente.
Se questo film vi lascia impassibile siete di ghiaccio. Anzi, non siete vivi.
Capolavoro.
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