"Book Of Angels", ormai lo sanno anche i muri, è la più recente opera in serie di, ça va sans dire, John Zorn. Visto che, evidentemente, non ci erano bastati i 10 volumazzi di Masada datati anni '90, il nostro affezionato torna furiosamente alla carica con un'altra innumerevole sequela di brani: tanto per convincere anche i più ottusi del fatto che per lui il Klezmer non è solo una cavia da laboratorio con cui dar sfogo alla sua (diabolica) sete sperimentale.

Perciò, a distanza di 10 anni cominciano a comparire nell'illimitato catalogo Tzadik i volumi di Masada Book Two, ognuno col nome di un angelo (della morte); materiale composto dal buon Zorn e rimaneggiato da artisti di alt(issim)o rango, già suoi fedeli da tempo immemore: Fred Frith, Uri Caine, Koby Israelite e tanti bei gruppi quali la Krakow Klezmer Band o il Jamie Saft Trio.

Il punto di forza di tali capitoli è che si presentano estremamente differenziati tra loro rispetto alla prima serie, la cui esecuzione era affidata esclusivamente alla band Masada: qui i vari punti di vista degli autori e la loro sensibilità portano ad un'offerta davvero intrigante e degna d'essere posseduta fra gli scaffali più esigenti. E, pur avendo tutti matrice ebraica, anche i generi diventano molteplici, variando dal jazz più puro al rock psichedelico all'ensemble classicheggiante e via dicendo. Anche episodi estremamente moderni, come Orobas (volume 4) o il recentissimo Xaphan (volume 9), che rivisitano in chiave "giovane" le tematiche musicali israelite.

Ma quello su cui voglio porre brevemente la vostra attenzione è "Azazel", il secondo volume, affidato nientemeno che al Masada String Trio, una formazione a dir poco eccezionale: Mark Feldman (violino), Erik Friedlander (violoncello) e Greg Cohen (basso). Per chi ha già da tempo a che fare con John questi nomi sono tutt'altro che nuovi: si tratta infatti di una selezione fra i più grandi virtuosi dell'etichetta zorniana, radunati in un affiatatissimo trio.

"Azazel" mantiene la falsariga dei primi Masada, aggiungendo però alcuni pezzi più avant-sperimentali, simili alla "classica moderna" dello Zorn di Angelus Novus o Magick. Per il resto si tratta di "puri e semplici" Klezmer eseguiti certosinamente, con una passione che si sente lontano un miglio: i tre musicisti hanno un'intesa mirabile, cooperano con naturalezza e rendono i 60 minuti del disco fluidi ed estremamente piacevoli.

Scelto fra i 10 (sinora) volumi poiché trovo sia quello meglio riuscito, o perlomeno più rappresentativo del progetto che Zorn ha in mente: una viva testimonianza del genere cui ha consacrato buona parte della sua produzione, a partire da "Kristallnacht", passando per "Bar Kokhba", sino al doppio "The Circle Maker". Una musica, checché se ne dica, ben radicata nel suo genio e viva nel suo sangue.

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