Sarà che la Sicilia è triangolare e il suono rimbomba in maniera trasversale, sarà che l'Etna condiziona la resa dei bassi, ma non di soli Consoli da consolare e Biondi pelati da compatire, nè di Franco Sgalambro, l'isola è ripiena.
La sonica attitudine ai suoni sghembi, distorciuti e taglienti è tradizione come i cannoli e le cassate. Non si vuole, in questa sede, fare una disamina dei progetti post-rock, indie, etc. maturati sotto il sole siciliano in questi anni, ne basterebbe uno: Uzeda, e quindi ciao.
Montalbano sei? Allora fottiti, tu e la tua granita e la tua arancina, qui abbiamo altri imperativi.
I quattro esperti/tesperti siracusani (a cui, nel mentre, si aggiunge il violinista Fiderio, jolly dell'archetto indie sub-tropicale) fioriscono dalla tabella pitagorica siracusana nel 2000 e portano a braccetto Mogwai, Explosions In The Sky, Godspeed You! Black Emperor e compagnia bella.
Dopo il primo album dalla titolazione "Welcome in the Spacketown" (2004, Arsonica records) i picciotti si misurano con la seconda, intensa, perequazione sonora che conferma le premesse e le aspettative.
Cavalcate strumentali, meno noise e più maturità post-rock, destrutturazioni armoniche e violini ricamati ad hoc, portano "The Ginko" allo stato dell'arte.Mixato da John Congleton (Paper Chase) e prodotto dall'etichetta cagliaritana Zahr Records, l'album dona all'ascoltatore una pasta sonora che è meglio della pasta di mandorla.
Evitiamo con il traccia per traccia la solipsistica carrellata dei luoghi comuni e dei pareri personali e assaporiamo il frutto, dimenticando l'etichetta.
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