BOCCHETTE CENTRALI BY NIGHT

Sono in macchina, a Vallesinella nei pressi di Madonna di Campiglio, con un mio amico. Lui dorme, io non ci riesco: sono sdraiato su questo scomodo e duro sedile in febbrile attesa che la sveglia caricata alle ore 2 e 15 di notte mi faccia scattare. 3 ore durante le quali penso, immagino, pregusto ciò che potrò vedere su questo magnifico complesso dolomitico a sé stante che risponde al nome di Massiccio del Brenta. Guardo fuori dal finestrino e le nuvole coprono tutto. Cazzo! Punti interrogativi si insinuano nella mia mente: mi giro e rannicchio, ma so già che non sarà questa nuova posizione a farmi contare le fottute pecorelle. Troverò le stelle, la luna e un’alba da pelle d’oca, mi domando? E’ il week end di ferragosto e so che il parcheggio dove ora riposo tra un pugno di ore sarà un via vai di scarponi allacciati, di zaini riempiti e controllati, di famigliole con bambini assonnati e svogliati e macchine in manovra; ma io sono testardo quando mi metto in testa qualcosa, e anche nel week end meno adatto voglio avere la montagna solo per me.

La troppa gente con la sua sola presenza spesso la rovina irrimediabilmente in quanto quello che per me la esalta e la differenzia è il silenzio che la permea. I sentieri poi me li voglio divorare salendo al mio passo senza dover fare dribbling tra selve di gambe più o meno allenate, Le ferrate invece vanno gustate lentamente tra una foto e l’altra, uno sguardo al panorama e qualche minuto di pura trance senza dover pensare alle decine di turisti che mi precedono e chi invece mi rallenta. Ed allora, senza il minimo rimpianto, sedile scomodo sia e frontalino e pila pronti per squarciare il nero più nero senza luci di città ed anima viva per battere sul tempo i passeggeri delle decine di macchine vuote che ora dormono oltre 1000 metri sopra di me, sui rifugi.

I primi passi in un mare di inchiostro sono titubanti, non lo nego. Avete mai camminato in un bosco di notte alle 2 e 30? Ogni rumore nel silenzio più assoluto e sinistro che si possa immaginare diventa esagerato; anche il solo battere del cuore assume le sembianze del gong di un’orchestra. Agito continuamente la torcia alla ricerca di qualcosa che ovviamente non c’è. Ho paura e lo dimostra il fatto che nonostante la poca luce profusa dal frontalino e le rocce bagnate dall’umidità notturna aumento il passo e in 25 minuti sono al Rif. Casinei. Solo quando la dolomia prende il sopravvento sulla vegetazione mi rilasso. Un po’. Sono le 4 e siamo già al Rif. Brentei a 2200 metri. E’ ancora buio pesto ed in attesa della luce dell’alba mi sdraio sulle rocce umide per vedere chiare e sbrillucicanti al punto da parere finte le stelle; proprio quelle che l’inquinamento luminoso e le nuvole mi avevano tolto a casa tre giorni prima. Fa freschino, ma sono a bocca aperta di fronte allo spettacolo che mi si para davanti. 10 stelle cadenti irrompono per solo noi due mentre aspettiamo che la luce prenda il sopravvento. Poche parole per godere di questo momento magico mentre grazie al sorgere della Luna, là verso gli Sfulmini, si staglia lentamente il profilo imponente del Crozzon del Brenta e le sue centinaia di metri di parete.

E’ l’inizio di una mia gita; la numero 80in 2 anni e 8 mesi nonostante gli impegni sportivi amatoriali ed il lavoro. Vedere la notte che lascia spazio al giorno in questo posto, da soli in mezzo a chilometri di maestose rocce e vette è una sensazione unica. Ti senti piccolo, quasi indegno e fuori posto, ma al contempo fiero di quello che stai facendo. Il sole arriva e la dolomia prende fuoco con il suo tipico colore. Mi metto l’imbrago e via le prime cenge per salire ed arrivare in alto a 2900 metri e godere di un mare di nuvole sottostanti mentre quassù un sole caldo splende narciso. Una scala e di fianco eccolo lì il mitico Campanil Basso; cima che ha fatto la storia dell’alpinismo trentino nei primi decenni del secolo scorso. E poi la cosiddetta ciclabile delle dolomiti: una cengia larga a forma di U con strapiombi di centinaia di metri. Scendiamo per 5 scale consecutive fino ad un nevaio che porta al Rifugio Alimonta. Sono le otto e mezza e cominciamo ad incontrare la massa: i proprietari delle macchine di questa mattina che iniziano quello che noi abbiamo appena finito e ci siamo gustati fino al midollo. Ci guardano l’aria perplessa e stupita del linguaggio universale degli occhi: “e questi due da dove cazzo arrivano che non sono nemmeno le nove????”

Nella discesa, nei tornanti sale la malinconia, la mia cara amica che mi spinge a cercare nuove avventure da fare. Si, io credo che per il divano, per le giornate passate a masturbare un joystick, o a scrivere cazzate su facebook ci sia ancora del tempo.

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