Massimiliano Larocca è un personaggio autentico. Da anni suona le sue canzoni su e giù per l’Italia, da solo o con pochi amici musicisti, senza marketing di contorno né sovvenzioni sinistrorse/destrorse parastatali. Dimostra sul campo di saper suonare le sue cose senza bisogno del jazzista di turno che accompagna il solito cantautore italiano strimpellatore. Ha una voce calda e profonda, immediatamente riconoscibile – dote quest’ultima non facile a trovarsi... dove? Beh, ad esempio tra i vincitori dei concorsi canori televisivi. Massimiliano Larocca è cantautore a pieno titolo, scrivendo sia testo – in italiano – che musica delle sue canzoni, a differenza di altri illustrissimi colleghi autoincensatisi numeri uno del rock nazionale; le sue melodie sono sempre ben caratterizzate e definite, cosa rara oggi nel panorama della canzone d'autore. E allora Larocca se ne esce con “Qualcuno stanotte”, il suo terzo disco, arrangiato e suonato dalla cinematografica (nel senso di musica da film) band Sacri Cuori – collaborazioni con Hugo Race, Il pan del diavolo, Robyn Hitchcock e colonne sonore varie.
Musicalmente “Qualcuno stanotte” si colloca in area anglosassone, versante Stati Uniti, tra Springsteen e Dylan, anche se Larocca si dichiara legato anche alla scuola texana di Townes Van Zandt, Tom Russell, Guy Clark, Joe Ely. Ma la chiara derivazione musicale del disco si sposa senza forzature con la scrittura in italiano: Larocca riesce ad essere credibile scrivendo nella nostra lingua di amori metropolitani e spiragli di salvezza, temi tipici del folk-rock statunitense.
“Qualcuno stanotte” si apre con il rock fatto d’amore e morfina di Angelina, per passare al subterranean blues di Scarpe di lavoro e all'afoso blues in minore Le luci della città, dalle immagini apocalittiche (La città è come un ventre che esplode e che si lamenta). Magnifici perdenti e Strade perdute sono il cuore del disco, le canzoni che ne riassumono il senso. Magnifici perdenti è un inno a tutte le persone invisibili che vivono in città, tra sogni infranti e file del sabato sera. Strade perdute è una ballata coraggiosa per la sua lunghezza (7 minuti e mezzo) e per la struttura scarna e ripetitiva retta dal contrabbasso. Un brano che sembra uscito dagli anni '60 e che a me personalmente ricorda Madame George di Van Morrison. Seguono i pezzi più orecchiabili, Sottomondo e il singolo Invisibili, quest’ultimo un brevissimo open-mic per sola voce e chitarra acustica che si distacca piacevolmente dai suoni elettrici del resto dei brani. Troviamo poi l’unica cover, Blue jeans & white t-shirt dei Gaslight Anthem riadattata in italiano in Piccolo eden. Dopo lo sguardo di Larocca su Firenze, la sua città (Nella città degli angeli), la bella melodia di Ti porto con me, una ballata d’amore su due amanti che si cercano tra alberghi e città straniere. Infine la secondo me manierata Niente amore (in questa città) e Dopo il diluvio, una vera e propria salvation song sul filone del celebre People get ready di Curtis Mayfield, che chiude il disco su una nota di speranza (Troveremo un’altra strada nel buio / Quando arriverà il diluvio).
Gli arrangiamenti e l’esecuzione sono efficaci, anche se a mio avviso nei brani più veloci e diretti (Angelina, Sottomondo, Niente amore) la batteria risulta fiacca. I suddetti brani avrebbero giovato di una batteria più solida e meno supportata da effetti percussivi. Ma globalmente la backing band Sacri Cuori merita un applauso, per aver vestito le canzoni di un abito che calza bene con il romanticismo urbano di Larocca: attenzione all'intermezzo da film di Nella città degli angeli, ma qua e là si trovano lo stesso tocchi cinematografici che impreziosiscono le visioni metropolitane del cantautore fiorentino.
Ordunque: se credete possibile l’incontro tra l’heartland rock e il cantautorato italiano, se pensate che il rock ancora una volta possa mettere insieme visionarietà (non cerebrale), romanticismo e salvezza, allora apprezzerete di sicuro “Qualcuno stanotte” di Massimiliano Larocca.
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