Questi erano i canti che mio nonno amava e che risalgono a un periodo in cui giovani come tanti di voi combattevano in condizioni impossibili una guerra pochissimo sentita e di cui nessuno capiva fino in fondo le ragioni.
E' più o meno con queste parole che Massimo Bubola commenta il suo ultimo album "Quel lungo treno", un disco interamente dedicato alla Prima Guerra Mondiale. Anche in questo disco le contaminazioni con il folk irlandese sono assai evidenti, soprattutto all'inizio ("Jack O'Leary", una storia irlandese che perfettamente si adatta al tema di questo disco, ed "Era una notte che pioveva" che da tradizionale canto alpino si avvicina moltissimo ai Waterboys).
C'è anche qualche pezzo nuovo, in questo disco, ad esempio "Se questo amore è un treno", già presentata nei recenti concerti, che non si scosta dall'atmosfera del disco restando sempre fedele all'irish country.
"Nostra Signora Fortuna" è una ballata country-blues, una preghiera per tutti quelli "che han pianto ogni giorno e hanno bevuto ogni sera, per tutti quelli che cadono intorno e si perdono ancora
". Anche "Puoi uccidermi" è una ballata che racconta i molti modi per morire durante una guerra. Quindi c'è una serie di canti tradizionali come "Il disertore" (attenzione, però, non quella di Vian cantata anche da Fossati, questo è un canto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale), "Noi veniam dalle pianure" trasformata in una ballata pianistica, "Monte Canino" (il vero gioiello dell'album, slow-folk con tanto di fisarmonica), anche qualcosa in dialetto veneto (non dimentichiamo che Massimo Bubola è di Verona), "Ponte de Priula", sempre fedele alle atmosfere del disco, "Bum bum", il pezzo dal taglio più rock, e si chiude poi con un altro tradizionale veneto, "Adio Ronco", un triste addio al proprio paese da parte di un soldato che sta per partire per la Russia.
In definitiva un sentito omaggio di Massimo Bubola a quelle migliaia di giovani vittime di una guerra che si è combattuta in anni duri e difficili e che ha lasciato giovani italiani e austriaci sulle cime più alte delle Alpi a combattere in condizioni atmosferiche impossibili. Ci aveva già provato qualche anno fa Francesco De Gregori con "Stelutis Alpinis", ma Bubola c'è riuscito con risultati molto migliori.
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