Succede che per trent'anni segui il corso del tuo destino e dopo tanto girare, quasi come i Dervisches Tourners, ti fermi, nemmeno per colpa tua, e ti ritrovi da dove sei partito probabilmente con qualche ruga in più, qualche chilo di troppo, ma con animo ancora intatto e predisposto alle emozioni, quelle vere.

Gli è che dopo trent'anni ho desiderato fortemente rincontrare un amico, uno con cui avevo spesso condiviso giornate e pensieri, e che oggi tra le sue molteplici diversificazioni esistenziali ha trovato il tempo e la maniera di incidere due cd e so che un terzo è in cantiere ma si tratterà ancora di lunga gestazione; in questa sede mi occuperò del secondo, molto valido, "Le Rondini" uscito nel 2010.

Ascoltando questo lavoro, se mi premuro di elidere tutte le componenti affettive che affiorano in ogni momento durante l'ascolto, rimango un pochino spiazzato sulle intenzioni e sulla realizzazione. La voce di Massimo è stupenda, non me la ricordavo così rotonda e piena di sfumature, ma gli anni passano anche per lui e così l'esperienza accumulata; si sente che ha sfruttato al meglio le occasioni per apprendere e migliorarsi. Anche i testi sono spesso molto belli, a volte occhieggiano a Panella, come ne la magnifica "Lo Sguardo Perduto", ma non sono mai troppo ermetici, forse solo un poco criptati perché decifrare è anche prerogativa di chi ascolta e non solo di chi compone, un po' come guardare uno scarno fotogramma e costruirci sopra il proprio film.

Ci sono momenti davvero intensi come in "Brest " che, omaggiando Walt Whitman, evidenziano tutte le difficoltà di navigare, senza mai arrendersi, nei perigliosi gorghi di un'incerta esistenza "...O mio capitano se davvero è finita perché lasci che ancora la vela sia gonfia di vita..." o in "Ubaldo Fiori Pilota, 26 aprile 1943" dove l'ultima strofa svela il mistero sull'identità del romantico sognatore così lontano dalla sua amata e sempre attento ad evitare gli aerei nemici per portare a casa, se possibile, la pelle "...ho visto scivolare i continenti ed inclinarsi gli orizzonti, ho fatto solchi di dolore all'improvviso nella sera...".
La pelle l'ha portata a casa davvero perché, Ubaldo Fiori, è realmente esistito ed è diventato in seguito pilota dell'Alitalia come in quei lieti finali che non necessariamente sottendono un buon film, ma che apprezziamo particolarmente nella nostra esistenza quotidiana dove la celluloide è solo un lontanissimo piacevole substrato.

Il cd scorre apparentemente tranquillo ed attraverso altri ottimi brani quali l'introspettiva "Goodbye mr.Hyde", "Il Pensiero", "Chi Parlerà di Noi", "Controvento", ma potrei elencarne molti perché in genere non ci sono punti deboli, si arriva a quello che forse è il migliore di tutti: "La Memoria dell'Assente" dove nel testo, che ad una rapida scorsa sembra alludere ad una canzone d'amore, sommessamente si prende atto che la memoria degli uomini svanisce nel tempo senza mai mettere indelebilmente a fuoco gli insegnamenti della storia; tra Harrison, Andersen e Dylan Massimo ci ammonisce: "...e non son serviti a niente tutti i dolori della gente, sono come l'acqua nelle mani...ma il mio amore è andato via e non mi ha lasciato niente, neanche lo straccio di un'idea da difendere coi denti...".

Ci sono notevoli interventi al flauto, magnifico quello su "Brest", al sax e all'armonica a bocca, tutti strumenti che Massimo Di Via si porta nel bagaglio da una vita.

All'inizio di queste mie considerazioni dissi però che sono rimasto spiazzato sulla realizzazione del lavoro perché, ma questo è un gusto personale, gli arrangiamenti sono eccessivamente pop per idee di questa levatura e stridono un po' con tutto il resto. Non dico che non siano buoni, anzi, ma secondo me inadatti in questo specifico caso: i pezzi scorrono uno dietro l'altro uniti in apparenza soprattutto da questo filo conduttore e il cd scivola via nel lettore troppo facilmente, troppo uniformemente per far sobbalzare sulla sedia anche chi lo ascolta in maniera distratta, magari in sottofondo. Personalmente non amo poi le "programmazioni" degli strumenti e tanto meno una batteria che non incide perché non è una vera batteria. Personalmente avrei reso molto più grezzi i brani, più tirati via e più facilmente diagnosticabili, ma per fare tutto questo ci vuole un solido gruppo rock che si prenda cura di riprodurre musicalmente la marea di idee contenute nel cd.

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