Massimo Fini: un nome che scuote le anime intorpidite e quelle che versano nella "mala fede". Soggetto spudorato, diretto, provocatorio e senza peli sulla lingua.
Giornalista de "L'Avanti!" e de "L'Europeo", militante nelle fila lombardiane e movimentiste del vecchio PSI e approdato, negli anni '80, vicino ad ambienti eterodossi oltre che difficilmente classificabili. Dall'analisi anti-capitalistica, infatti, Fini si è mosso verso una weltanschauung fortemente "anti-modernista" e "anti-occidentale". Divenuto, in breve, amico del francese Alain De Benoist, ex esponente della Nouvelle Droite, e di altri pensatori "eretici".
Fini ne ha per tutti: odia a morte il nano di Arcore e gli "alleanzini", eppure non tollera nemmeno i sinistrismi di varia marca. Siano essi catalogabili sotto la voce di "politically correct", "economicismo", "produttivismo", "antifascismo", "femminismo" e quant'altro.
Fini, al di là dell'apparenza burbera, non ha paura del dialogo. Nemmeno quando questo si fa serrato o viene inaugurato da chi, per storia e cultura, è in tutto e per tutto diverso da lui. Nonostante le sue origini ebraiche, infatti, Fini ha partecipato a dibattiti indetti dall'estrema destra e, nonostante la sua avversione nei confronti del vecchio PCI, egli ha pure presenziato a varie feste dell'Unità.
Un personaggio, a suo modo, unico e veracemente trasgressivo: un avventuriero che ha sempre amato seguire la propria strada anche se, come spesso accaduto, in perfetta solitudine. Accusato di cripto-comunismo, di cripto-fascismo, di "integralismo" e di misoginia! Eppure il Fini, da buon nietzschiano, è sempre rimasto indifferente dinnanzi al vociare noioso dei benpensanti.
Oltre all'attività di giornalista e di "feroce" opinionista, però, il nostro è anche stato autori di diversi libri. I più interessanti, a mio parere, sono e rimangono: "Il Vizio Oscuro dell'Occidente", "La Ragione Aveva Torto?", "Dizionario Erotico" e questo "Sudditi: Manifesto Contro la Democrazia".
Il titolo spaventa e tende ad allontanare il lettore! Sarà, forse, un elogio nei confronti dei peggiori regimi novecenteschi? Sarà una "revivalistica" apologia dell'Ancienne Regime? Nulla di tutto ciò!
Fini, infatti, si dimostra particolarmente caustico e sagace nella scelta dei titoli da "appioppare" ai propri libri. Fini non odia la libertà individuale, non odia il pluralismo e nemmeno la tanto chiacchierata "partecipazione popolare" (la democrazia, appunto!). No! Fini odia e schernisce una determinata forma di organizzazione democratica: la democrazia occidentale, la cosiddetta "LIBERAL-DEMOCRAZIA".
Per l'autore, dunque, non c'è peggior oligarchia di quella che regna in tutto l'occidente. Politici, partiti e stato sono per Fini le armi nelle mani di strutture economiche e "settoriali". Armi legali che, senza ritegno, vengono utilizzate per "metterlo nel culo alla gente, sopratutto alla povera gente, col suo consenso" (cit.)
La liberal-democrazia, in questo senso, rappresenta un ristretto comitato di affari e di élites (viene, seppur brevemente, ripreso il discorso inaugurato da Vilfredo Pareto a riguardo). Una struttura lontanissima dal popolo ma vicinissima a pochi "eletti".
Quale prospettiva dinnanzi a questo debilitante e demoralizzante stato di cose? La buona, vecchia, sana e affascinante DEMOCRAZIA DIRETTA. Zero o poche deleghe, responsabilizzazione dei cittadini, nascita di piccole comunità, autosussistenza e rifiuto del modello da anni imperante. Sia esso amministrativo o di carattere economico-produttivo. Fini, per concludere, sogna un'Europa costituita da piccole patrie, autarchica (ma non in senso "esterofobo" o filo-fascista) e sempre più distante dal concetto di falsa civiltà importato da Washington.
Si odono, seppur alla lontana, echi di libertarismo, di municipalismo "bookchiniano" ma anche una forte, e ormai caratteristica, avversione nei confronti della modernità generalmente intesa.
Le proposte, nel complesso, sono molto interessanti e piene di fascino. Alcuni dubbi, tuttavia, nascono e persistono. Mi spiego meglio.
E' auspicabile, per noi europei, la nascita di un continente basato sulle "piccole patrie"? Non è che le c.d. "piccole patrie" diventeranno (come nel caso del Kosovo) dei cavalli di troia nelle mani degli americani? Ritengo sacrosanto difendere e tutelare le specificità locali! Ritengo però azzardato dar vita ad un'Europa nuovamente frammentata.
La democrazia diretta è, senza ombra di dubbio, la democrazia etimologicamente intesa. Ma non è forse in un simile contesto che taluni soggetti, i cosiddetti "demagoghi", riescono ad insinuarsi magistralmente per tornare ad un precedente ordine?
Sono domande, credo, più che legittime. Domande che mi piacerebbe porre, magari bevendo un caffè, al Fini in questione (nessun grado di parentela con l'attuale presidente della camera!).
Qualcosa, però, rimane! Questo libro, infatti, colpisce e scuote senza pietà. Smaschera talune realtà di fatto senza troppe cerimonie e senza l'edulcorazione caratteristica di altri saggisti. Perchè, e ditemi se sbaglio, io non vedo né uno stato né una classe politica desiderosi di fare l'interesse della "cosa pubblica". Solita retorica? Soliti slogan triti e ritriti? Forse! Sta di fatto che un buon 70% di quanto scritto in "Sudditi", dolorosamente, lo riscontro come realtà quotidiana. Una realtà che coinvolge tutti!
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