L'orrore lo conobbi da bambino. Era quasi estate. Mi ricordo azzurro, giallo e caldo. Mi ricordo la felicità di finire la scuola ed andare in vacanza. Ma accadde qualcosa di brutto. Dopo tanti anni, pensavo fosse tutto finito. Invece, qualche giorno fa, casualmente ho aperto un libro, adescato da quel nome: Vermicino. Un pugno nello stomaco. E qualcosa di oscuro e triste inizia a ritornare. Da allora, ne avevo sentito parlare altre volte, ma, forse inconsapevolmente, avevo evitato, rimosso, sorvolato, ostruito, disinfettato, cicatrizzato. Credevo. Sono passati 29 anni. Era il 1981. In Italia era un casino. Qualche mese prima il terremoto in Irpinia faceva tremila morti. Qualche giorno prima c'era stato l'attentato al Papa. Lo scandalo della P2 causava le dimissioni del governo Forlani. Licio Gelli era scappato. Si stava formando il nuovo governo Spadolini, primo presidente laico. Le BR vibravano gli ultimi colpi di coda con sequestri di persone. Si parlava di un colpo di Stato. Ma tutto, tutto, tutto sparì per tre interminabili giorni. E molto cambiò dopo.

Un bambino esile cadde in un buco di appena 30 cm di diametro. Per quaranta metri. Un budello nero. Rimase incastrato. Dopo qualche ora le sue urla furono ascoltate. Da lì in avanti, per 60 ore, molte cose accaddero intorno a quel buco nero. Moltissime andarono male. Il libro mi riporta alla mente cose incredibili, a leggerle oggi. Ciò mi fa pensare che ho soppresso quegli accadimenti. Il libro, ora, mi sbatte in faccia i ricordi. Io sapevo tutto. Ma non ricordavo nulla. Una sola telecamera con piano sequenza fisso sul pozzo. Furgoni che arrivarono lì intorno per vendere panini, bibite e ghiaccioli ai curiosi. Tre reti Rai a seguire la vicenda. Diretta televisiva a reti unificate di 18 ore. Nani, contorsionisti, trivelle gigantesche, eroi, vigili del fuoco, speleologi, tragiche scelte, urla, disperazione. Errori, sfortuna, esposizione mediatica. Ventimila persone presenti fisicamente intorno al pozzo. Il presidente Pertini con gli auricolari. "C'era un'atmosfera felliniana", si disse. I genitori di tutta Italia, ma soprattutto l'intera mia generazione fu sconvolta per sempre da quel fatto. Mamme che piangevano. Papà alzati fino a tarda notte a guardare un'immagine fissa su un buco nel terreno polveroso, arido ed un affaccendarsi di persone intorno. E ricordo una tristezza ed una pesantezza che non ho mai più conosciuto. Ho avuto vera difficoltà a leggere questo libro. Dolore fisico, disagio, malessere. Non credo mi sia mai successo. Leggere solo un capitolo ed avere voglia di gettare il libro dal balcone. Leggere il titolo del capitolo successivo e rimanere senza fiato. Leggere di certe frasi ed avere voglia di piangere. Illudersi, stupidamente illudersi che questa volta ci fosse il lieto fine. Mi ritrovo bambino a sperare davanti a quel grosso televisore dalla carcassa marrone e dallo schermo bombato. E' incredibile come questa storia sia rimasta nascosta sotto la cenere della mia coscienza pronta a riesplodere, quasi una mina pestata per caso. Da qualche giorno ho una strana necessità, un'urgenza di riscoprire cosa accadde. Ma lo sto facendo, forse, per superare definitivamente quello che è stato un vero choc per me. E credo per moltissimi altri bambini dell'epoca. Non ho coraggio né voglia qui di raccontare quella tragedia. Ma sento che è necessario almeno condividere certe emozioni. Soprattutto ricordare come un evento mediatico possa aver così impressionato chi lo subì. Forse qualcosa di simile è accaduto con l'11 settembre 2001 per i ragazzi di oggi. Ma non ne sono sicuro. L'emozione è sicuramente diversa. La nazione si fermò, incredibilmente si fermò. La trasmissione televisiva raggiunse picchi d'ascolto mai più toccati nemmeno dalle finali dei mondiali di calcio. Si calcolò che 30 milioni di italiani rimasero davanti al video. Mentre gli unici tre canali nazionali trasmettevano quella diretta.

Come si poté ascoltare il pianto straziante di un bambino, nel Tg delle 13, proveniente dalle viscere di un pozzo ed uscirne indenni? Sciascia scrisse nell'occasione "E' stata una notte come quella del primo sbarco sulla luna: il trionfo della tecnologia allora; la sua tragica sconfitta ora. Si può andare sulla luna, ma non si può salvare un bambino caduto in un pozzo". Dopo l'amarissima conclusione della vicenda seguirono polemiche, processi, veleni. L'Italia che si aspettava la conclusione felice, piombò in una depressione cupa e sofferta. Il corpo di Alfredino rivide la luce quasi un mese dopo. Noi, i bambini negli anni '80, scoprimmo nella maniera più cruda e orrenda che anche un bambino sorridente con una canottiera a righe poteva morire d'estate. Chiamando la mamma. Morire come avremmo potuto morire noi. Senza colpa. Con centinaia di soccorritori senza possibilità. Inghiottito dalla terra. Incastrato, ferito e costretto tra la roccia ed un fango gelido. Soffocato. Nel buio. Che le favole non esistevano. Che i supereroi non esistevano. Che la vita poteva essere un incubo da cui nessuno riusciva a tirarci fuori. "Si è incastrata la tavoletta e non viene più via"; "Mamma, nun me sta' a racconta' bucie, che nun te credo più..."; "Alfredino, questi rumori che senti vengono da Mazinga che ti viene a salvare"; "Aiuto, non fra un quarto d'ora! Subito tiratemi fuori! Non ce la faccio!"; "Mi scappa la pipì, come faccio?"; "Basta!!! Andate giù e tirate fuori mio figlio!"; "Mi è scivolato dalle mani"; "Non c'è più, è scivolato più giù...". Povero, piccolo Alfredino.

Pag. 179, "Quello che si è abbattuto sugli italiani è un vero lutto nazionale. Un lutto vero, non rituale. E' come se ognuno avesse perduto un figlio, un nipote, un fratello. E' un dolore che per molti non troverà espressione e prenderà le forme di una cupa e silenziosa depressione"

Pag. 214, " ..la Rai ha finito per far vivere milioni di persone in un incubo da cui, come tutti gli incubi, quasi non ci si poteva staccare. Il ritorno alla realtà è stato estremamente traumatico.... Per quanto riguarda il pubblico infantile le conseguenze sono state gravissime. So di diversi bambini in preda all'ansia, che si svegliano di soprassalto, la notte, pensando al piccolo Alfredo. E gli stessi incubi si sono risvegliati nel mondo degli adulti."

Pag. 222, "La Rai, con lo psicodramma che andava rappresentando, ha dato un'ulteriore spinta ad agire sulla scia delle emozioni. Ma negli psicodrammi c'è sempre la figura del terapeuta che si incarica di organizzare e razionalizzare le emozioni. A Vermicino non c'era nessuno a svolgere una funzione del genere...e questo ha contribuito a sconvolgere i telespettatori."

Pag. 223, Sciascia "E' stata una tragedia senza catarsi".

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