"Vincè, io m'accido. Come si dice, meglio 1 giorno da leone che 100 giorni da pecora, o no?? ?Eh, che ne saccio, Tonì, 'o lione, 'a pecora' fai 50 giorni da orsacchiotto e non se ne parla più".
Questo è Massimo Troisi.
Ero a militare quando diedero la notizia della sua morte. In quell'anno moriva anche Senna, un'alluvione devastò il Piemonte, l'Italia tradita da Baggio perdeva ai rigori i campionati del mondo. Annus horribilis il 1994. Senza contare le prime elezioni vinte da Berlusconi. Mi consolai trombando con una scrutatrice ai seggi a cui ero stato messo di guardia a Verona. Ancora non era del tutto facile intuire che cosa sarebbe successo in Italia con la discesa in campo di quel tizio, ora tutto è molto più chiaro, ma ormai, la sinistra ha finalmente trovato il suo degno avversario, il maggggico Wa(l)ter. Una tirata di sciacquone.
Comunque, torniamo a Massimo e a questo filmetto che a differenza del precedente, "Ricomincio da tre", nasce, si svolge e finisce a Napoli, con spalle napoletane, ancora Lello Arena nella parte dell'inconsolabile Tonino, lasciato dalla fidanzata per uno svedese ("lei me lo voleva dire, mi lasci troppo sola, non c'ho un cane con il quale parlare" / "tonì, se voleva nu cane si pigliava nu cane, la scelta è stata precisa, 'o svedese!') e la bellissima Giuliana De Sio, conosciuta a un funerale in casa e che si fidanza con Massimo/Vincenzo per lasciarlo proprio nel momento in cui Tonino ritrova la sua amata. Una storiella come tante, di un Vincenzo che non sa bene cosa sia nella vita e cosa voglia fare della sua vita (di sicuro non lavora), una sorella che, marito e figlia al seguito, vive a casa con lui e la mamma, l'ingombrante presenza/assenza di un fratello attore famoso ("come ha fatto a fà l'attore comico Alfredo, tiene 'a faccia da traggedia'), un vecchio professore di matematica che vive al piano di sopra per il quale la mamma cucina e rammenda calzini, che Vincenzo ha l'ingrato compito di consegnare ("uà, mai una volta che chiami a Alfredo però").
Una storiella in cui filo conduttore è l'amicizia tormentata tra i due in cui s'inserisce il rapporto d'amore, breve ma altrettanto tormentato, con la De Sio. Qui una prima chiave di lettura su cui Troisi costruisce il personaggio Vincenzo, un ragazzo che si lascia vivere e scivolare tutto addosso chiedendo solo che le cose gli girino alla larga, i problemi di Tonino, le richieste di tenerezze della De Sio (da Oscar la scena dopo il sesso, lui che accende la radio e la romantica frase "maro?!!! il Napoli perde cooo Cesena, dopo tutti i soldi ch'ha mess pe fà 'a squadra?"), quelle della madre per il professore, quelle testamentarie del professore in lotta con le sue sorelle per l'eredità della casa, quelle della sorella che s'impiccia del suo rapporto amoroso (perdi, perdi tiempo a fà i sviulinate). Più lui cerca ombra, più tutti lo vanno a stanare, rendendogli la vita insopportabile con le loro piccole, infime questioni. Nel susseguirsi da telenovela di questi episodi/rapporti personali di una ordinarietà imbarazzante, Troisi intreccia ed edifica la straordinarietà della sua comicità, fatta di teorie sgangherate (la fuga dei contadini dalle campagne per colpa dei buchi nelle saccocce da cui perdevano i soldi), battute ciniche (su Tonino che vuole suicidarsi, "digli che se si vuole accoltellare, di farlo a destra che a sinistra tiene 'o fegato spappolato"), ricami sulle parole, iperboli, smontaggio dei luoghi comuni e soprattutto una sfilza di felicissime gag perfettamente incastrate nella storia.
Di queste il film è infarcito, tutte 'riprese' dalla strada, dai contesti famigliari e personali, dall'osservazione e amplificazione dei più minuscoli gesti e comportamenti delle persone che frequentavano o hanno frequentato la sua (vera) vita. Quella che nel film c'è ma lui non racconta, lasciandola solo intuire allo spettatore. Facile allora immaginare Troisi alle elementari, frustrato dallo scolaro coscienzioso Balocco, secondo della classe davanti a lui solo perché benvoluto dalla maestra e 'raccomandato' ("sempre gli chiedeva dei giapponesi e lui rispondeva: i giapponesi sono piccoli ma di pronta intelligenza"), e divenuto evoluzione sofisticata del Robertino rincoglionito dalla madre di "Ricomincio da tre", paradigma di una comicità nata e fatta 'dal basso', da chi ha visto (per scelta) la vita sempre dagli ultimi banchi. E per questo impietosa demistificatrice di tutto ciò che bisogna essere e fare alla svelta e nei tempi prestabiliti per arrivare nelle prime file.
Scusate il ritardo (e le citazioni imprecise, fatte a memoria).
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