La rivista "Musica Jazz", con il suo numero di giugno, ha fatto proprio un bel cadeau agli appassionati di jazz con il disco allegato "Duet Improvisation for Yardbird" di Massimo Urbani e Mike Melillo. Il fatto che il disco fosse fuori catalogo già da un po', ritrovando nuova luce grazie alla rivista ed al boss della Philology Paolo Piangarelli, è stato il valore aggiunto all'omaggio che la stessa rivista ha voluto fare per il ventennale della morte di Urbani che ricade proprio in questi giorni.
Partendo dal principio, da quel 1987, grazie al già citato Piangerelli che è stato un po' il cupido musicale di questa operazione, Massimo Urbani incontrava Mike Melillo in questo insolita collaborazione che li avrebbe visti protagonisti in duo, senza filtri di una sezione ritmica. Giunti a questo punto, conoscendo un po' la storia di Urbani, la conclamata appartenenza al verbo di Parker, è facile fare delle congetture con Mike Melillo che è stato accanto a Phil Woods, cioè a colui che da più parti è stato indicato tra i sassofonisti più accreditati a raccogliere il testimone lasciato da Bird e che alla fine, di Bird, ha preso non solo il testimone musicale ma pure la moglie. Dunque un disco senza filtri, in cui la condizione di essere in duo farà ulteriormente affiorare la bellezza dei rimandi più intimisti tra il sax di Urbani ed il pianoforte di Melillo.
Solitamente, quando si acquista un disco, soprattutto di jazz, una delle prime cose è, certamente, buttare un occhio alla scaletta per vedere se ci sono standards, cosicché da "confrontarli" con altre esecuzioni, altre versioni sparse qua e là nella storia del jazz; e con la scaletta di "Duet Improvisation for Yardbird" Massimo e Melillo fanno un tuffo in una parte del mare di standards caro a Bird e che ritroveremo, in parte, anche in altri dischi lungo la carriera di Urbani; per esempio partendo da "Everything Happens to Me", un vero cavallo di battaglia di Urbani e che il sassofonista romano lascerà con un'ultima e definitiva splendida versione nel suo testamento musicale - guarda caso anche questo "parkeriano", "The Blessing" del 1993; ed è proprio in questo pezzo che gli accenti chiaroscuri del fraseggio di Urbani, valorizzati da quelli di Melillo, rappresentano proprio il preludio ideale per la versione del '93, così come gli accenti brillanti e decadenti del pianoforte di Melillo restituiranno la suggestione in "All the things you Are". Lungo il percorso ci sarà spazio anche per "Out of Nowhere", una versione molto informale, di alto livello certamente, anche se, a modesto parere del sottoscritto, meno estrosa ad esempio della versione registrata nel disco omonimo con il gruppo del pianista siciliano Giuseppe Emmanuele. Ecco, forse sono pezzi del genere da cui l'orecchio, come causa principale, magari non riesce a prescindere da una sezione ritmica. Ma è con "Lover Man" che Urbani e Melillo raggiungono la vetta emozionale più alta, difficilmente espugnabile, e che con forza struggente che evoca è come se davanti agli occhi passasse Forest Whitaker nei panni di Parker in "Bird" di Clint Eastwood, nella famosa scena in cui Bird si trova macchina con le luci della notte che passano e lambiscono il suo disagio, e la successiva drammatica sessione di registrazione: Urbani è arrivato lì, dove difficile è arrivare, dove lui è arrivato con la consapevolezza ed il peso di esse' er mejo man di tutti. Voi altri, se non volete perdere tempo con gli arretrati, fate un salto in edicola.
Sempre caro mi fu quest'ermo Alto sax
Tanto perché il disco fu registrato a Recanati...
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