Dita lunghe, eburnee, tessono fili leggeri come fumo d'incenso.
All'improvviso una voce, tremolante, evanescente, per gridare di un dolore inesprimibile.
Questo è l'inizio di "Sorella Sconfitta" di Massimo Zamboni.
Poi l'emozione lentamente scema e musica e testi ci accompagnano attraverso visioni sfuocate, dipingendo intense emozioni e sussurrandoci riflessioni di rara profondità.
"Sorella Sconfitta" è un'opera di bellezza straordinaria, dove si possono cogliere, come in passato, se non addirittura più intensamente, il talento e la genialità di un chitarrista come Massimo Zamboni.
Eppure non riusciamo ad ascoltarlo. Perché?
Lo ascolti la prima volta e subito ne percepisci l'intensià, l'emozione, la grazia (data anche dalle piacevoli voci di Nada, Lalli e Fiamma) ma c'è qualcos'altro, qualcosa che non vuoi riascoltare, che non puoi sentire di nuovo.
Sopra a tutto, per chi lo sa ascoltare, non si può fare a meno di sentire una sola voce, come eco di follia: Giovanni Lindo Ferretti.
"Sorella Sconfitta" raccoglie naturalmente e con grazia (molto di più di quanto non facciano i P.G.R.) l'eredità pesante di un gruppo come i C.S.I.: dopo averlo ascoltato si capisce quanto di Massimo Zamboni ci fosse nel gruppo; le sue chitarre erano il vero corpo musicale che reggeva l'indescrivibile voce di Giovanni e anche in questo lavoro creano brani musicalmente impeccabili e stupendi, che ricreano nella mente emozioni amate e che colorano l'aria di atmosfere avvolgenti.
Ma non appena le parole entrano in quest'idillio l'emozione copre tutto, non si può non percepire nell'anima il suono di un'armonia spezzata che copre la musica che vibra nell'aria.
E alla fine, quando è il silenzio a restare, di "Sorella Sconfitta" non ci rimane altro che una fitta, potente, al cuore.
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